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Vaccino, l'Oms offre dosi italiane alla Serbia: il siero finisce ai turisti, l'ultimo disastro dell'Europa
Su Libero avevamo già raccontato dello strano caso del turismo vaccinale in Serbia. Il Paese balcanico non produce neanche mezza fialetta, ma per mesi ne ha distribuite a piene mani. Fino a metà aprile veniva subito immunizzato chiunque si presentasse nei centri, a prescindere dalla nazionalità, bastava riempire un modulo. E anche oggi c'è abbondanza. Gruppi di medici arruolati per la campagna girano per Belgrado a bordo di furgoncini per dare la caccia a chi ancora non ha fatto la puntura anti-Covid. Risultato: la Serbia è uno dei Paesi al mondo più avanti nelle manovre per uscire dalla pandemia. Sono state distribuite dosi pari al 56% della popolazione. Da noi siamo al 41% e la media dell'Unione Europea è di poco più del 40%. Da qui la domanda: ma come è possibile che la Serbia sia così fortunata da ricevere gratis sieri contro il Coronavirus prodotti nella Ue? L'ex repubblica jugoslava, infatti, rientra nel programma "Covax" dell'Organizzazione Mondiale per la Sanità, che prevede aiuti ai Paesi meno ricchi per la campagna contro la febbre cinese e le sue varianti.
La tesi: «Il mondo non sarà mai guarito finché non sarà guarito tutto il mondo». Il paradosso, però, è che alcune delle nazioni beneficiate dispongano di più farmaci delle benefattrici. Nei giorni scorsi nei Balcani sono arrivate 1 milione di dosi. E proprio ieri la Serbia ne ha ricevute 120mila, marca AstraZeneca. In tutto, a Belgrado dovrebbero arrivarne 295mila in questa prima fase del progetto Covax. E la prima consegna è avvenuta a inizio aprile, quando ancora su questa parte del Danubio si somministravano vaccini ai passanti senza fare troppe domande.
MERCATO DISTORTO
La Serbia, peraltro, riceve già medicinali da Russia e Cina. Le autorità locali hanno autorizzato l'impiego sia dello Sputnik sia del Sinovac (che tra i tanti antidoti risulta nettamente il meno efficace). E circolano anche casse di Pfizer, prodotte sempre in Europa ma impiegate qui (in questo caso a pagamento, non all'interno del programma Covax). Per quanto riguarda lo Sputnik, spesso si è discusso di come Mosca stesse tentando di estendere la sua influenza distribuendo i suoi farmaci nel mondo. Forse il programma Covax serve a bilanciare l'intervento di Putin? E lo stesso potrebbe valere anche per un'altra nazione, ben più lontana, la Mongolia. Pare strano, ma nella gelida Ulan Bator i vaccinati sono già molti di più di quelli italiani (tasso somministrazione al 70%).
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Eppure l'Oms regala fiale anche qui. D'altra parte Ursula von der Il governatore della Regione Veneto, Luca Zaia, si è vaccinato con Pfizer ieri pomeriggio a Godega Sant' Urbano (Treviso). «È andata benissimo. Eravamo in tanti, ma l'attesa è durata pochissimo, sono velocissimi. Il clima all'interno è disteso e tranquillo, credo che i veneti abbiano apprezzato questo pro Leyen l'ha detto: l'obiettivo dell'Unione è quello di trasformarsi nella «farmacia del mondo». Anche a costo di sacrificare le nostre popolazioni. Come sottolineato anche da Mario Draghi ieri, Stati Uniti e Regno Unito hanno vietato le esportazioni di sieri dal loro Paese.
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IL BLUFF DEI BREVETTI
Non solo, Washington e Londra hanno prenotato fiale in esubero: sufficienti a vaccinare il 200% della loro popolazione (anche Canada e Australia hanno fatto lo stesso). Da noi invece il mercato è aperto. Il 50 per cento di quanto viene prodotto sul territorio comunitario viene trasferito in circa 90 Paesi. Finora 200 milioni di dosi sono andate all'estero. Poi c'è il famoso dibattito sui brevetti, nato da un colossale bluff di Joe Biden. Come spiega un rapporto dell'Oms diffuso ieri, anche se si rendessero accessibili a chiunque le ricette per realizzare i prodotti di Pfizer, Moderna e AstraZeneca ci vorrebbero mesi se non anni per organizzare siti produttivi adeguati nel terzo mondo. E non è chiaro dove questo potrebbe essere fatto. Allo stesso modo, «non ci sono informazioni sulle materie prime», continua il documento. Insomma, tocca arrangiarsi con quel che c'è. Suggeriamo un primo passo: smettere di regalare vaccini a chi già ne ha in esubero.
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