Rischia il Vertice Copenaghen

Maria Acqua Simi

C'è tensione al Vertice di Copenaghen. L'ultima polemica nasce dopo la diffusione di una probabile bozza finale preparata dalla presidenza danese. Il testo sembrerebbe garantire ai Paesi industrializzati diritti di inquinamento pro-capite entro il 2050 in misura doppia rispetto a quelli assegnati ai Paesi in via di sviluppo, stravolgendo la filosofia alla base degli accordi di Kyoto. Yvo de Boer, responsabile Onu per il clima ha precisato che essa è solo una “base di partenza per consultazioni informali” e Ban Ki-moon, segretario generale Onu, ha manifestato il proprio ottimismo per un “accordo solido e immediatamente efficace”. Tibet, la Cina strumentalizza- Anche il Tibet pone le sue rimostranze, quando spiega come il governo di Pechino intenda "usare le preoccupazioni del mondo riguardo l’ambiente per giustificare la colonizzazione del Tibet e l’allontanamento forzato di un enorme numero di pastori nomadi dalla zona in cui vivono da secoli”. L'accusa è stata lanciata dall’organizzazione non governativa Free Tibet, presente alla Conferenza internazionale sui cambiamenti climatici in corso a Copenhagen. Lo riporta il sito Asianews. Secondo Free Tibet, “le politiche tibetane del governo cinese continuano a creare una crisi dopo l’altra. L’allontanamento dei nomadi, fra l’altro, ha causato un maggior riscaldamento della tundra locale, la più grande riserva di ghiaccio al di fuori dei due Poli”. Questi ghiacciai garantiscono l’acqua che scorre nella maggior parte dei fiumi dell’Asia: molto prima dell’esplosione del global warming, la loro protezione era al primo posto nell’agenda delle organizzazioni non governative che si occupano di ambiente. Stephanie Brigden, direttore di Free Tibet, ha fatto sapere: “la Cina strombazza il suo impegno contro il riscaldamento globale, ma in realtà la usa come scusa per violare i diritti umani di migliaia di nomadi tibetani. Questo modo di fare è potenzialmente catastrofico: è arrivato il momento per la Cina di prendersi la responsabilità delle sue azioni”. Per delegittimare le richieste tibetane, Pechino continua da parte sua la campagna contro il Dalai Lama. Un esponente governativo cinese, incaricato dei dialoghi fra Cina e Tibet, ha accusato ieri il Dalai Lama di aver pronunciato “giudizi diffamatori” sulla politica cinese in Tibet. Il governo di Pechino, ha detto Zhu Weiqun, “sa bene che il Dalai non è un leader religioso, ma un indipendentista che deve essere fermato”.