Cinque cristiani morti in India

Eloisa Palomba

Nuova Delhi - Secondo fonti della polizia locale sarebbero ben cinque le vittime delle violenze contro i cristiani scatenate dagli integralisti indù nello stato nord orientale indiano dell'Orissa, dove la situazione appare sempre più difficile. Oltre alla missionaria laica morta nell'incendio appiccato da estremisti indù a un orfanotrofio in un villaggio nel distretto di Bargarh e a un secondo uomo che ha perso la vita nel rogo appiccato alla sua casa nel villaggio di Rupa, nel distretto di Kandhamal, (lo stesso dove, sabato scorso, era stato ucciso il leader indù Swami Laxanananda Saraswati), altre tre persone sarebbero morte nel corso della notte in incendi appiccati alle loro case. Lo scrive l'agenzia Misna, citando il capo della polizia Satyabrata Sahu, secondo il quale comunque ''la situazione nel distretto di Kandhamal è molto tesa ma sotto controllo''. Le aggressioni, sottolineano numerose fonti religiose locali interpellate dalla Misna, sono iniziate dopo l'uccisione del capo religioso induista Swami Laxamanananda, attribuita dagli indù ai cristiani. Dopo la violenza contro i cristiani nello stato dell'Orissa, arriva il monito del Vaticano, che esprime la propria solidarietà alle vittime con un accorato appello a porre fine "ad ogni sopraffazione”.  "In riferimento alle tragiche notizie di violenze contro fedeli e istituzioni della Chiesa cattolica che provengono dall'India - si legge nella nota, diffusa dalla sala stampa vaticana - la Santa sede, mentre esprime solidarietà alle Chiese locali e alle Congregazioni religiose coinvolte, riprova queste azioni che ledono la dignità e la libertà delle persone e compromettono la pacifica convivenza civile. Nello stesso tempo - aggiunge nella nota la Santa Sede - fa appello a tutti affinché, con senso di responsabilità, si ponga fine ad ogni sopraffazione e si ricostituisca un clima di dialogo e rispetto vicendevole".