Scontro infuocato
Donald Trump, gli ultimi Stati chiave tra "brogli e riconteggi": Usa verso una crisi istituzionale senza precedenti
Gli Stati Uniti sono avviati verso una grave crisi istituzionale perché Donald Trump non ha alcuna intenzione di mollare la Casa Bianca a Joe Biden senza lottare. Il presidente in carica nella prima mattinata italiana aveva fatto intuire che le cose si stavano mettendo male per lui quando ha pubblicamente parlato di “frode” in relazione a quegli Stati chiave che stavano volgendo a favore di Biden dopo i primi risultati della notte che erano incoraggianti per Trump.
Il quale aveva subito parlato di vittoria, ma evidentemente troppo presto perché adesso la situazione è favorevole al candidato democratico, che ha vinto in Wisconsin per 21mila voti e pure in Michigan per 40mila. Se Biden dovesse vincere anche in Arizona (quasi acquisita) e in Nevada (8mila voti di vantaggio ma i dati ufficiali verranno comunicati direttamente nella giornata di domani, giovedì 5 novembre), allora raggiungerebbe i 270 grandi elettori che servono per ottenere la presidenza. Inoltre anche in Pennsylvania rischia di avvenire un clamoroso ribaltone: Trump aveva un vantaggio iniziale ben oltre la doppia cifra, ma nelle ultime ore il distacco si è dimezzato da mezzo milione a 250mila voti.
Non pochi, ma neanche tantissimi se si considera che mancano ancora tra le 750mila e il milione di preferenze da scrutinare, in larga parte dal voto postale: per questo i democratici credono legittimamente nella rimonta. In attesa dei risultati finali, Trump si è già portato avanti con il “lavoro” e sta parlando in maniera sempre più aggressiva di presunti “brogli”, soprattutto per quanto riguarda il voto postale che starebbe “magicamente” ribaltando la vittoria repubblicana. Per questo il presidente in carica ha chiesto il riconteggio in Wisconsin e di fermare lo scrutinio in Michigan e Pennsylvania, dove i voti postali pro-dem stanno facendo la differenza. Senza dimenticare che la carta della disperazione di Trump si chiama Corte Suprema, alla quale ha già minacciato di ricorrere a più riprese.
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