Honduras, sale la tensione

emanuele satolli

Il clima a Tegucigalpa si fa ogni ora sempre più rovente. Nel corso degli scontri tra polizia e sostenitori del deposto presidente Manuel Zelaya, rifugiato all’interno dell’ambasciata brasiliana, un uomo di 65 anni è stato ucciso. Ieri sera l’uomo era sceso nelle strade di Flor del Campo, quartiere povero della capitale, per manifestare ed è stato colpito da un colpo di arma da fuoco sparato da un poliziotto in assetto antisommossa. Altri cinque sostenitori di Zelaya hanno riportato ferite da arma da fuoco in un altro quartiere della città. Secondo fonti ufficiali vicine al governo de facto, l’uomo sarebbe l’unica vittima degli scontri mentre per il presidente deposto almeno dieci persone avrebbero perso la vita. Rifugiato da lunedì scorso nell’ambasciata brasiliana, parlando con i giornalisti Zelaya ha confidato di temere per la propria vita a causa di un complotto di “un gruppo di mercenari”. “Stati Uniti e L’Organizzazione degli Stati Americani – ha detto Zelaya – hanno contribuito a sventare un piano di omicidio che doveva sembrare un suicidio. Ma combatterò in piedi piuttosto che cedere alla dittatura militare”. Intanto ieri il presidente brasiliano Lula all’assemblea Onu ha detto che la comunità internazionale “esige il ritorno alla presidenza dell’Honduras di Manuel Zelaya” aggiungendo che l’inviolabilità della propria sede diplomatica a Tegucigalpa è fuori discussione. Il leader del governo di fatto, Roberto Micheletti, ha risposto di non avere alcuna intenzione di attaccare l’ambasciata americana. “Per noi può starsene lì dentro anche cinque o dieci anni, non c’è problema”.