Marocco: protesta in piazza

Albina Perri

In Marocco le proteste di un gruppo di attivisti che rivendicano il diritto di mangiare e bere in pubblico durante il Ramadan, ha fatto infuriare molti musulmani e creato scompiglio all’interno del governo. Il gruppo di giovani marocchini appartenente al “Movimento Alternativo in Difesa dei Diritti Individuali” è sceso in piazza per protestare contro la legge che vieta di mangiare e bere in pubblico durante il Ramadan, prima del sorgere del sole. Secondo tale legge i cittadini musulmani che rompono il digiuno senza una scusa accettabile, rischiano fino a sei mesi di carcere e una multa di 120 dirham (circa 15 dollari). Durante l’ultima manifestazione che si è svolta nella città costiera di Muhammadiya, tra Casablanca e la capitale Rabat, i partecipanti hanno consumato un “pasto simbolico” per sfidare una legge che a loro parere calpesta le libertà personali. La protesta non è durata a lungo, uomini della polizia sono intervenuti e hanno arrestato i manifestanti guidati da una giovane giornalista. L’incidente ha provocato varie proteste all’interno del paese. Il “Muhammadiya Scholars’ Council” ha diramato un comunicato accusando i manifestanti di sfidare direttamente le leggi di Dio e del profeta Maometto. “Stanno seminando i semi della discordia – si legge nel comunicato – Con le loro azioni minacciano di distruggere uno dei pilastri dell’Islam”. Secondo il “Consiglio degli Studiosi” le proteste rischiano di minacciare il tessuto dell’ala conservatrice marocchina che si attiene fedelmente agli insegnamenti della dottrina islamica. Secondo Wahid al-Damshaqi, attivista per i diritti umani, in Marocco le proteste in difesa della libertà personale godono dell’appoggio solamente di una esigua parte della popolazione: “Il diritto di mangiare e bere in pubblico durante il Ramadan non è tra le priorità dei marocchini”. Per Damshai la “campagna sulla rottura del digiuno” potrebbe addirittura avere l’effetto opposto di infastidire coloro che non vogliono subire alcuna interferenza sulla loro fede e spingere i gruppi estremisti e conservatori, a dichiarare la guerra santa contro i promotori della campagna.