Caso internazionale
Coronavirus, intelligence Usa: "La Cina proverà a dare la colpa a noi per la diffusione del morbo"
All'epidemia di coronavirus in Cina si accompagna il sospetto che il regime comunista di Pechino non dica la verità. Nel colossale impero si concentra il 99% dei casi globali e si sono toccate ieri nuove vette del contagio, superando l' impatto che aveva avuto 17 anni fa la Sars. Il numero degli ammalati, quelli dichiarati dal regime, ha toccato 37.198, mentre i morti sono arrivati a ben 813. Fra 2002 e 2003 la Sars aveva invece causato 8000 malati in tutto il mondo, con 800 morti. Ma si teme che il vero numero dei contagiati sia molto maggiore. Lo scienziato italiano Rino Rappuoli ha ipotizzato ieri che i malati in Cina possano essere almeno 150.000. Leggi anche: "L'unica strada è la quarantena": Burioni sul coronavirus Dall'America arriva un allarme ancor più preoccupante, quello dell' esperto Gordon Chang, un sinologo, ossia uno specialista di Cina, di origine cinese, ma nato negli Stati Uniti. Intervistato dalla giornalista Sara Carter, l' esperto ha denunciato, pare anche da fonti della dissidenza, che il regime sta mentendo per nascondere la vera portata dell' epidemia. «Le autorità cinesi sono state soverchiate dal numero di casi - dice Chang - e hanno difficoltà a recuperare tutti i corpi dei deceduti. Molta gente, inoltre, non è riuscita ad avere accesso agli ospedali e sta morendo a casa propria avendo il tempo di infettare altre persone. La situazione è molto peggiore di ciò che appare e le critiche espresse dagli scienziati dell' università di Pechino sugli errori iniziali nell' affrontare l' epidemia stanno facendo perdere la fiducia nel governo». LE PAURE DI XI JINPING Gordon Chang da anni sostiene che il regime cinese è più debole di quanto appaia. Secondo lui l' epidemia potrebbe rappresentare un ulteriore scossone al potere rosso, che si aggiunge ad altri nodi come la repressione dei diritti umani e il pugno di ferro su Hong Kong. E spiega: «La gente sta cominciando a diventare coraggiosa nel criticare la gestione dell' emergenza da parte di Pechino e lo stesso presidente Xi Jinping teme di perdere il controllo. Nel governo cinese la situazione potrebbe diventare molto fluida». L' esperto rileva che ben 5 milioni di persone hanno lasciato la zona di Wuhan prima dell' imposizione della quarantena, diffondendo potenzialmente il morbo, e che la stessa quarantena, imponendo alla gente di starsene a casa, non potendosi ricoverare milioni di persone in ospedale, potrebbe aggravare il virus fra le famiglie. Chang ricorda che alcuni giornalisti cinesi che seguivano la questione, come Chen Qiushi, sono «spariti nel nulla, forse bloccati dal regime». Il Partito Comunista Cinese starebbe inoltre diffondendo voci propagandistiche secondo cui il virus sarebbe «sfuggito da un laboratorio» o addirittura «rilasciato da un laboratorio americano». Rispolverando quindi complottismi da guerra batteriologica. Gordon riconosce che «non sappiamo l' origine del virus, ma non credo sia sfuggito da un laboratorio, ma ciò che conta non è che sia vero o no, bensì il fatto che molti cinesi ci credono, pensano davvero a un morbo venuto da un laboratorio Usa». FALSI E PROPAGANDA Insomma, Chang rileva «falsificazione e propaganda». I sospetti su bugie e segretezza perseguiti dal regime cinese sembrano confermati da una notizia riportata ieri dal Guardian, secondo cui è agli arresti domiciliari l' anziano medico che nel 2003 rivelò i dati reali sull' epidemia di Sars, e che forse il regime temeva potesse far altrettanto col coronavirus. È il medico militare Jiang Yanyong, 88 anni, in pensione col grado di generale, la cui moglie Hua Zhongwei dice: «Non è autorizzato a contatti col mondo esterno. È a casa, la sua salute non è buona. E non sta bene neanche mentalmente. Non sta bene. Scusate, non è opportuno dire di più». Intanto, le autorità cinesi hanno confermato nelle ultime ore che sono ormai quasi 12.000 i medici inviati nella zona di Wuhan e che per il virus è stato scelto il nome ufficiale NCP, "polmonite da nuovo coronavirus". di Mirko Molteni