Il risveglio
Giuseppe Conte, lo scatto d'orgoglio del premier: così caccia Macron dalla Libia
Forse un primo effetto dei «gilet gialli» lo stiamo vedendo in Libia. O meglio, a Roma: ma con effetti in Libia. Parliamo del colloquio che c' è stato ieri a Palazzo Chigi tra Giuseppe Conte e il generale Khalifa Haftar, all' incirca tra le 10 e le 11,30. Nei giorni scorsi fonti dell' autoproclamato Esercito nazionale libico avevano annunciato che Haftar avrebbe discusso del piano Onu per la stabilizzazione della Libia e della riunificazione delle forze armate libiche. Si sa anche che sul tavolo ci sono i dossier che riguardano più direttamente l' Italia: dal contrasto all' immigrazione illegale alla garanzia di poter contare sulle risorse della mezzaluna petrolifera della Cirenaica. Leggi anche: Macron e il golpe in Francia, l'indiscrezione terrificante: caccia il premier e mette un generale Finora, rispetto all' Italia Haftar era stato considerato più o meno in rotta di collisione. Uomo di Emmanuel Macron e del presidente egiziano Abdelfattah al-Sisi a un tempo, mentre i nostri governi appoggiavano il governo di accordo nazionale di Fayez al Sarraj a Tripoli: riconosciuto dall' Onu, ma debole. L' INCONTRO A PALERMO Però questa è la terza volta che viene in Italia in poco più di un mese, e in particolare tre settimane fa alla Conferenza di Palermo aveva già incontrato Conte, nel mentre dettava l' agenda: ignorando quello ufficiale, e costringendo pochi selezionati interlocutori a un minivertice mattutino. In quell' occasione Conte portò a casa una stretta di mano tra i due rivali Haftar e Sarraj appunto, e un impegno non scritto a non sabotare il piano dell' inviato dell' Onu in Libia Ghassam Salamè. Ma il 7 novembre Haftar era pure andato a Mosca, per parlare con il ministro della Difesa Sergei Shoigu e con il capo dello stato maggiore Valeri Gerasimov. E proprio il quotidiano russo Novaya Gazeta aveva notato come tra i presenti ci fosse anche Evgeni Prigozhin: il finanziatore delle truppe mercenarie russe che combatterebbero in vari fronti, e anche in Libia al fianco di Haftar. Farsi appoggiare da Macron, Putin e al-Sisi contemporaneamente sarebbe già abbastanza acrobatico, ma Haftar in più ha dietro anche gli Emirati Arabi Uniti. Cioè, l' Arabia Saudita. GLI STUDI IN RUSSIA Il personaggio, peraltro, ha un passato poliedrico. Nato nel 1943 a Agedabia, in una Cirenaica che gli inglesi avevano appena tolto all' Italia, Haftar dopo aver studiato da militare all' Accademia di Bengasi si perfezionò proprio in Egitto e in Unione Sovietica. Nel 1969 appoggiò il golpe di Gheddafi e nel 1973 fu alla testa del contingente libico che combatté in Sinai durante la Guerra dello Yom Kippur, ma nel 1986 da comandante del corpo di spedizione in Ciad fu pesantemente sconfitto da un esercito appoggiato dai francesi. Preso prigioniero, destituito e processato in contumacia da Gheddafi, si legò alla Cia, che prima lo portò in Zaire, poi in Kenya, poi negli stessi Stati Uniti, di cui ottenne la cittadinanza. Comandante di una milizia di oppositori libici addestrata in Virginia, condannato a morte da Gheddafi per alto tradimento, è tornato in Libia nel 2011, per poi ripassare negli Usa. Tornato definitivamente in Libia nel 2014, ne è divenuto in breve il nuovo uomo forte anche grazie alla sua immagine di ferreo antagonista dei jihadisti, ma anche alla sua capacità di destreggiarsi. L' unico punto fermo sembrava la sua contrapposizione all' Italia. Ma forse l' indebolimento di Macron sta ora producendo questo riallineamento in cui potrebbe avere un ruolo Putin. In effetti fonti libiche dicono che per ora l' incontro è stato «interlocutorio». Ma «non c' era da aspettarsi nulla di diverso». Insomma, se sono rose, fioriranno. In particolare, Haftar terrebbe alla nomina a comandante del nuovo esercito libico. L' AMBASCIATA A TRIPOLI L' altro tema in agenda dei contatti tra il maresciallo e l' Italia, è la presenza diplomatica italiana a Tripoli dopo l' allontanamento dell' ambasciatore Giuseppe Perrone, costretto a lasciare la capitale per alcune incomprensioni anche con le fazioni sostenute da Haftar. Il maresciallo potrebbe aver di nuovo cambiato idea e ritirare il veto imposto in passato su Perrone; e in tal modo scongiurerebbe la nomina di Giuseppe Buccino, già ambasciatore a Tripoli nel post primavera araba e che non ha mai visto di buon occhio Haftar. Nel frattempo, da Tripoli, l' Alta commissione elettorale libica si dice pronta a organizzare il referendum sulla nuova Costituzione entro il mese di febbraio, chiedendo però al governo i fondi necessari stimati in 25,3 milioni di euro. Il portavoce di Haftar, Ahmed al Mismari, ha rinnovato l' appoggio alle elezioni legislative e presidenziali che l' Onu punta a tenere nella primavera 2019. di Maurizio Stefanini