L'intervento
Il regolamento Ue sul copyright: ecco che cosa cambierà
Gli accesi dibattiti che la riforma del diritto d’autore europeo ha suscitato in dottrina hanno avuto inevitabili ripercussioni all’interno del Parlamento europeo, che ha deciso di rinviare i lavori a settembre. La riforma UE del copyright intesa ad adeguare il diritto d’autore all’ecosistema digitale ha suscitato accesi dibattiti in dottrina e anche all’interno del Parlamento europeo, che riprenderà i lavori in settembre. Sono due le norme controverse, l’art. 11 sulla protezione delle pubblicazioni di carattere giornalistico e l’art. 13 sull’utilizzo di contenuti protetti da parte di prestatori di servizi della società dell’informazione. Il primo costringerebbe i motori di ricerca, gli aggregatori di notizie, i social network e gli altri OTT Over The Top in Internet, come vengono chiamati i grandi player delle Rete e fornitori di servizi della società dell’informazione, di pagare di volta in volta gli editori delle testate giornalistiche per ottenere le autorizzazioni alla pubblicazione dei contenuti linkati. Il secondo comporterebbe un obbligo di controllo preventivo, sempre da parte di tali grandi piattaforme e fornitoti di servizi in Rete, sul caricamento da parte degli utenti di conteuti coperti dal diritto d’autore. In pratica, mentre oggi la pubblicazione di contenuti protetti viene bloccata a posteriori dietro segnalazione e richiesta dell’autore e/o dell’editore interessato, con tale riforma le piattaforme OTT dovrebbero munirsi di speciali filtri basati su algoritmi che verifichino continuamente le violazioni dei copyright bloccando automaticamente e in origine la pubblicazione di contenuti protetti. Ma esaminiamo nel dettaglio i due articoli. Questo per comprendere meglio i motivi delle polemiche e degli scompigli che tale “direttiva bavaglio” ha creato. Non è un caso che l’Europarlamento, nella seduta del 5 luglio scorso, si sia spaccato in due nelle votazioni e con prevalenza dei contrari, costringendo il presidente Antonio Tajani a rinviare i lavori a settembre. L’art. 11 “Protezione delle pubblicazioni di carattere giornalistico in caso di utilizzo digitale” prevede in sostanza un diritto connesso Press Publisher Right che diviene, in sostanza, una tassa sui link e sugli snippet: gli editori dovrebbero farsi pagare i diritti sulla pubblicazione anche di un link a un loro articolo laddove tale rimando ipertestuale incorpori, come normalmente avviene, un estratto o un riassunto del contenuto. Sappiamo che tali snippet si creano automaticamente come un anteprima di uno scritto, riproducendone il titolo, una parte del sommario e quasi sempre un immagine. Ciò è diventato ormai una consuetudine per chi scrive e opera in Internet. Ora, prevedere una tassa su questi snippet sarebbe come tassare le notizie e la libera informazione. Senza contare che, rendendo difficile a un publisher di far circolare i contenuti in difetto di un accordo di volta in volta con l’aggregatore di notizie, si rende la vita difficile allo stesso editore, il quale, apparentemente beneficiato di un diritto al quale non potrebbe rinunciare, si vedrebbe ridimensionato nell’ospitare poche notizie e sempre meno vere e sempre più fake: dipenderà infatti dalla forza contrattuale di chi pubblica e dai compensi. Insomma, un diritto sui contenuti parziali e di richiamo visibili nei link comporta il rischio di inibire l'utile funzione degli aggregatori di notizie con grave pregiudizio dell'informazione e della cultura. L’art. 13 “Utilizzo di contenuti protetti da parte di prestatori di servizi della società dell’informazione che memorizzano e danno accesso a grandi quantità di opere e altro materiale caricato dagli utenti” prevede la necessità di accordi tra prestatori di servizi in Internet e i titolari di diritti per l’uso di materiale protetto. Ma pretendere di regolamentare i rapporti tra il titolare dei diritti e il gestore della piattaforma (Facebook, LinkedIn, YouTube, etc.) significa, anche qui, filtrare i contenuti e ostacolare la libera circolazione delle informazioni. In proposito si è fatta senrtire la nota enciclopedia libera Wikipedia con un autoscuramento di protesta, appoggiata con una lettera aperta al presidente dell’Europarlamento Tajani da oltre sessanta ricercatori e studiosi, intellettuali. Protesta più che legittima, se pensiamo alle conseguenze di sostanziale censura che comporterebbe un upload filter informatico che impedirebbe agli utenti di caricare su piattaforme online materiale oggetto di proprietà intellettuale: i software, anche i più elaborati, possono individuare i duplicati e i plagi, ma non possono distinguere le parodie, le perifrasi, le satire, le critiche e tutte quelle rielaborazioni creative e lecite di testi altrui del tutto legittime. In conclusione, se non appare plausibile applicare una tassa sull’informazione, perché tale è nella sostanza il meccanismo dell’art. 11 che blocca, per garantire agli editori un compenso, quella libera circolazione delle informazioni che è la base di tutto il sistema di Internet, dello User Generated Content e del Citizen Journalism, tanto meno plausibile è, nella previsione di cui all’art. 13, un uploader filter informatico che impedirebbe agli utenti di caricare su social network e piattaforme online materiale vario oggetto di proprietà intellettuale. Tutto questo si tradurrebbe in un’inammissibile “presunzione di illegittimità” dei contenuti, da monitorare continuamente, che stride con la libertà di espressione presidiata dalla nota garanzia costituzionale (art. 21 Cost.) e con la stessa espressione “società dell’informazione” nel titolo stesso di una norma che la contraddice. Espressione che troviamo fin dalla Direttiva 2001/29/CE sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione, appunto: è chiaro lo scopo della normativa comunitaria di promuovere l'apprendimento e la cultura proteggendo sì le opere ma autorizzando, al tempo stesso, alcune eccezioni nell'interesse del pubblico e a fini educativi e di insegnamento. Vedremo quindi a settembre con quale spirito nuovo, stando al proclama del presidente Tajani di proteggere l’interesse di tutti i cittadini, che è quello di informare e di esser informati, verranno ripresi i lavori sulla proposta di direttiva sul diritto d’autore. di Giovanni Bonomo Avvocato, ALP Assistenza Legale Premium