Spaventoso
George Soros, il documento che rivela il suo piano: immigrazione, così vuole governare l'invasione e i nostri Paesi
È uno degli uomini più ricchi del mondo e ha una precisa agenda politica. Su cui non bada a spese. Parliamo del finanziere americano, di origine ungherese, George Soros, quasi 88 anni, che mira alla «società aperta», un mondo in cui, cancellate le frontiere, non vi sia più ostacolo allo spostamento di persone e merci sotto il potere della grande finanza. Per approfondire leggi anche: Soros, le mani sulle elezioni: a chi regala mezzo milione di euro Da tempo Soros ostacola le scelte sovraniste di molti Paesi, soprattutto europei, che intendono salvaguardare indipendenza e identità etnico-culturale. L’ultimo episodio, proprio ieri, quando la stampa britannica ha divulgato che proprio Soros sarebbe fra i maggiori finanziatori della campagna «The Best for Britain», guidata da Lord Malloch Brown, che vorrebbe convincere l’opinione pubblica inglese e il Parlamento a stracciare il risultato del referendum popolare sull’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, indicendo una seconda consultazione. Difficile che Londra pigi davvero il tasto replay sulla Brexit, dopo tempo e fatica spesi nei negoziati per il divorzio da Bruxelles, ma il finanziere ci crede, se è vero che ha versato per la campagna filo-Ue un assegno da 400.000 sterline, ovvero 450.000 euro. Già a gennaio al forum di Davos, Soros stesso diceva: «Mi piacerebbe vedere la Gran Bretagna rimanere membro della Ue, o almeno rientrarci». Nella stessa sede aveva anche lanciato strali verso il presidente americano Donald Trump: «È un pericolo per il mondo e verrà spazzato via entro il 2020 o forse prima». Parole che non stupiscono, avendo egli donato nel 2016 ben 10,5 milioni di dollari per la campagna elettorale di Hillary Clinton. Soros usa come strumento la Open Society Foundation, la sua «Fondazione Società Aperta», nei tentativi di influenzare la politica in casa altrui. Su un patrimonio stimato in 24,5 miliardi di dollari, il nababbo ne ha trasferito la gran maggioranza, ovvero 18 miliardi, nelle casse della sua fondazione (nel novembre 2017 il Wall Street Journal aveva così definito la mossa di Soros: «È il maggior storno fiscale mai visto nella storia degli Usa e nessuno, a destra e a sinistra, ha battuto ciglio»). Gran parte di questi soldi, 420 milioni di euro, hanno foraggiato una longa manus in Ungheria, la Central European University con sede a Budapest, che attacca le politiche del primo ministro magiaro Viktor Orban in termini di limitazione dei flussi migratori. Il governo ungherese sostiene che il miliardario premerebbe su Bruxelles con quello che è stato battezzato «piano Soros», ovvero convincere l’Ue a distribuire un milione di immigrati l’anno in tutti i territori della comunità, in più obbligando gli stati membri a investire per ogni immigrato una cifra di 28.000 euro l’anno in welfare. Orban ha però varato una legge contro la fondazione di Soros, stabilendo che ogni ong che incameri più di 24.000 euro di donazione all’anno deve pubblicare l’elenco di tutti i suoi finanziatori e se stranieri, deve registrarsi come ong straniera. In Russia, addirittura, a Putin è toccato nel novembre 2015 mettere al bando la Open Society, accusata di propaganda sovversiva, e dopo che la fondazione vi aveva speso ben 100 milioni di euro nell’arco di vari anni, ufficialmente in programmi di educazione. Anche Israele teme l’ingerenza del finanziere, tanto che il 4 febbraio il premier Netanyahu lo ha accusato di finanziare le proteste contro il rimpatrio dei clandestini africani. di Mirko Molteni