Mai successo prima

Polonia a rischio nell'Unione europea, la Commissione propone sanzioni contro Varsavia

Giovanni Ruggiero

La Commissione Europea "ha concluso che esiste un chiaro rischio di seria violazione dello Stato di diritto in Polonia", dato che le riforme attuate nel settore giudiziario comportano che ora nel Paese "la magistratura si trova sotto il controllo politico della maggioranza di governo". La Commissione pertanto "propone al Consiglio di adottare una decisione in base al comma 1 dell’articolo 7 del Trattato sull’Ue". La procedura prevista dall’articolo 7, che in teoria (ma serve l’unanimità del Consiglio Europeo) può concludersi con la sospensione dei diritti di voto nel Consiglio del Paese interessato, viene attivata per la prima volta nella storia dell’Ue. La proposta di attivare l’articolo 7 arriva "dopo quasi due anni" di tentativi di dialogo con il governo polacco del partito nazionalista e ultraconservatore Pis nell’ambito della procedura sullo Stato di diritto. L’attivazione dell’articolo 7 viene accompagnata da una quarta raccomandazione sullo Stato di diritto, che delinea le misure che Varsavia dovrebbe adottare per porre rimedio alla situazione creatasi nel Paese, dove sono state adottate 13 leggi, con la caratteristica comune di "consentire sistematicamente al potere legislativo e a quello esecutivo di interferire nella composizione, nei poteri, nell’amministrazione e nel funzionamento del potere giudiziario". La Commissione ha anche deciso di deferire alla Corte di Giustizia dell’Ue il governo polacco, per aver violato il diritto comunitario con la legge sui tribunali ordinari, nello specifico per il regime pensionistico che introduce, che prevede due età pensionabili diverse per gli uomini e per le donne, cosa contraria ai trattati ed espressamente vietata da una direttiva sull’uguaglianza di genere nel posto di lavoro. L’articolo 7 prevede che "su proposta motivata di un terzo degli Stati membri, del Parlamento europeo o della Com­missione europea, il Consiglio, deliberando alla maggioranza dei quattro quinti dei suoi membri previa approvazione del Parlamento europeo (una maggioranza e un’approvazione giudicate possibili da raggiungere ed ottenere, ndr)", possa "constatare che esiste un evidente rischio di vio­lazione grave da parte di uno Stato membro dei valori" fondanti dell’Ue, elencati nell’articolo 2, tra cui figura lo Stato di diritto. "Prima di procedere a tale constatazione - continua il trattato - il Consiglio ascolta lo Stato membro in questione e può rivolgergli delle raccomandazioni, deliberando secondo la stessa procedura. Il Consiglio verifica regolarmente se i motivi che hanno condotto a tale constatazione permangono validi". Per arrivare alla fine della procedura, però, occorre l’unanimità degli Stati membri, e difficilmente l’Ungheria darà il suo ok: "Il Consiglio europeo - prevede ancora l’articolo 7 - deliberando all’unanimità̀ su proposta di un terzo degli Stati membri o della Commissione europea e previa approvazione del Parlamento europeo, può constatare l’esistenza di una violazione grave e persistente da parte di uno Stato membro dei valori" fondanti dell’Ue, "dopo aver invitato tale Stato membro a presentare osservazioni". A questo punto, "qualora sia stata effettuata la constatazione di cui sopra, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può decidere di sospendere alcuni dei diritti derivanti allo Stato membro in questione dall’applicazione dei trattati, compresi i diritti di voto del rappresentante del governo di tale Stato membro in seno al Consiglio".