New Economy
Dal caso Watergate ad AmazonIl "Post" nelle mani di Jeff Bezos
Lassù, arrampicato su una cresta di roccia, in un tunnel segreto scavato nel cuore del Texas e raggiungibile in un giorno di marcia, Jeff Bezos ha costruito un orologio millenario da 52 milioni di dollari -100000yearclock.net- che spaccherà il secondo almeno per i prossimi diecimila anni. È solo uno dei modi più bizzarri che il patron di Amazon ha, per lasciare una traccia di sè nel mondo. L’altra è comprarsi uno dei più blasonati quotidiani d’inchiesta del pianeta: il Washington Post acquistato per 250 milioni di dollari, circa 190 milioni di euro. Neanche tanto, poi, per il quotidiano in grado di far scoppiare il caso Watergate, l’organo ufficiale degli watchdogs, dei cani da guardia della democrazia Bob Woodward e Carl Bernstein che dimissionarono Richard Nixon. Il Post, in realtà, da qualche tempo, era un mito in affanno. L’ascesa implacabile di Internet, l’epocale passaggio dalla carta alla tecnologia digitale avevano aumentato la concorrenza a scapito delle società dei mass media tradizionali, innescando un’ondata di fusioni, bancarotte e un processi di consolidamento fra le società di carta stampata e quelle di broadcasting. In questo delirio editoriale la divisione dei quotidiani del Washington Post Co, di cui il «Washington Post» la quota maggiore, aveva accusato cali dei ricavi del 44% negli ultimi 6 anni. E proprio le difficoltà finanziarie hanno spinto alla vendita il cda della società e la dinastia dei Graham ache controllava la testata, per evitare la «mera sopravvivenza del giornale» . Bezos si è affrettato a rassicurare i suoi dipendenti («Il Post ha già un eccellente team al comando»), ma al tempo stesso ha annunciato cambiamenti, «Necessari perchè Internet ha cambiato quasi tutti gli aspetti dell'industria». Significa: svolta digitale. E da oggi si discuterà sul significato di questa acquisizione e sulle ripercussioni che avrà sul mondo dei librai che già vedevano in Amazon la Morte Rossa. Come sarà il Washington Post formato Amazon? Sicuramente rispecchierà l’indole di Bezos, che da semplice ingegnere del New Mexico nel 1994 fondò il sito di libri e poi di trading sul web, lo trasformò nel più grande polo di vendita in rete; e si mutò sé stesso in uno Shylock digitale, il più grande negoziante di sempre. Che l’identificazione del Post col nuovo padrone sia del tutto positiva, è da dimostrare. A parte la sinergia con i libri (Bezos sta pure acquistando i più autorevoli siti di recensione libraria e la moglie stessa Mackenzie è una scrittrice), i suoi giornalisti temono che Jeff possa utilizzare la storica testata per incrementare il business dell’e-commerce tarsformandone il sito in piattaforma pubblicitaria. E, in seguito, imporre quei ritmi infernali -12 ore al giorno, a 40° senza aria condizionata, con insiattalto un chip che controlla i chilometri percorsi- che il Morning Call, quotiadiano della Pennsylvania svelò in una famosa inchiesta. Inchiesta che, probabilmente, mai si potrebbe scrivere oggi sul Washington Post. Di Bezos non tutti parlano bene. «Amazon non è il tipo di azienda che contro la concorrenza da una condizione di debolezza», diceva di lui Rob Glaser di Seattle che lo conosceva ai tempi in cui il lettore di ebook Kindle registrava aumenti dei ricavi del 50% al trimestre. In ogni caso Il New York Times definisce «sorprendente» la mossa dell’uomo che ha generalmente «mantenuto un profilo basso nella politica e non ha praticamente detto nulla in merito al suo interesse ai quotidiani a parte il fatto che li legge». Adesso Bezos si ritrova in mano «un microfono potente tanto quanto quelli presenti a Washington e al di fuori della West Wing». Dove tocca Bezos trasforma in oro. Il 22 settembre 2012 ha aperto Amazon Italia in provincia di Piacenza, una cittadella di scaffali borgesiani in 25mila mq di magazzino tappezzato di pannelli fotovoltaici che all’inizio ospitavano i 16 titoli librari dell’azienda; e che poco a poco si trasformò nella Versailles dei grandi magazzini. Molti si chiedono se, come editore, Jeff somiglierà più all’illuminato W.Randolph Hearst, o al finanziere puro Warren Buffet. A noi ricorda uno Steve Jobs, più vorace... di Francesco Specchia