In attesa del processo
Marò, l'India apre nuove indagini: pronta la trappola per Latorre e Girone
di Maurizio Stefanini Come se volessero scrivere il futuro copione in una di quelle interminabili telenovelas di Bollywood che affascinano i telespettatori indiani, arriva una nuova puntata a sorpresa nella vicenda dei due marò. Secondo l’Hindustan Times, il governo di New Delhi avrebbe disposto nuove indagini, per dimostrare le proprie ragioni. Addomesticando le perizie? Il dubbio che potrebbe venire in Italia si presta a un’ulteriore possibile interpretazione, visto che non è neanche del tutto chiaro se il governo indiano stia effettivamente cercando di incastrare gli italiani, o se abbia invece l’interesse a giustificare presso le opposizioni e l’opinione pubblica un arrangiamento che permetta di chiudere la vicenda rimandando i marò in Italia, o se ancora stia semplicemente navigando a vista. Sempre secondo l’Hindustan Times, sarebbe l’Agenzia Nazionale di Investigazione (Nia) - un nuovo organismo creato dopo l’attentato di Mumbai del 2008 - a risolvere alcuni «dubbi sullo svolgimento del processo» dei due fucilieri Massimiliano Latorre e Salvatore Girone che evidentemente persistono. Obiettivo: «Dimostrare la serietà del governo nel garantire che i due militari italiani vengano processati nel rispetto delle leggi indiane». Una nota preparata dai ministeri degli Interni e della Giustizia, in particolare, afferma che la legge indiana riguardo alla sicurezza marittima e delle acque territoriali non sarebbe in conflitto con nessuno dei trattati e delle convenzioni delle Nazioni Unite: preoccupazione invero curiosa, dopo che la Corte Suprema indiana aveva ordinato addirittura di sfidare la Convenzione di Vienna sull’indennità diplomatica. Ma secondo i due ministeri il Safety of Maritime Navigation Act approvato dal Parlamento di New Delhi nel 2002, darebbe all’India la giurisdizione sul caso. In particolare, non si applicherebbe quella Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto marittimo (Unclos) che pure è stata citata dalla Corte Suprema come opportunità per l’Italia di rivendicare la giurisdizione, perché «si riferisce alla pirateria in alto mare mentre in questo caso la sparatoria è avvenuta entro 20,4 miglia nautiche, ossia all’interno della zona delle acque contigue dell’India». «Si propone quindi che il caso sia trasferito alla Nia in modo che possa fare altre indagini, se lo ritiene necessario, e presentare il suo rapporto finale di fronte alla corte designata». Facendo buon viso a cattivo gioco, poiché per la prima volta i due marò potranno raccontare la vicenda in prima persona davanti a un organo giurisdizionale, la difesa dei fucilieri auspica ora che l’indagine supplementare possa essere «la sede opportuna per aggiungere nuovi elementi, in modo che si possa guardare anche all’altra faccia della medaglia». Forse sarà effettivamente così. In questo modo inoltre il governo centrale assume un controllo diretto su un’indagine finora condotta dalla polizia del Kerala con metodi che a molti sono sembrati disinvolti e pesantemente condizionati da beghe politiche locali. Sarà da vedere se questo controllo sarà anche «imparziale», come sostenuto in India. Certamente, una vicenda che già dura da 13 mesi finirà per allungarsi ulteriormente, anche se l’ambasciatore italiano in India Mancini assicura che ci si sta «battendo» perché la Corte speciale indiana possa andare presto al dunque: «Crediamo sia interesse di tutte le componenti del governo indiano di fare in modo che ciò accada, per un giudizio non solo equo ma anche rapido».