L'accordo
Londra trova l'accordo con l'Ue: Brexit scongiurata : l'accordo
Tecnicamente il quadro è semplice. Bruxelles ha deciso: «Accordo fatto tra la Gran Bretagna e l' Ue, il teatro è finito», scrive su Twitter la presidente della Lituania Dalia Grybauskaite. «L' accordo raggiunto dai leader Ue per la permanenza del Regno Unito nell' Unione è un buon compromesso», conferma il premier ceco Bohuslav Sobotk. Insomma, l' Europa così come la conosciamo è salva? Forse il «dramma» è superato. Con tanto di giallo. «Ancora non c' è accordo alla "cena all' inglese" tra Ue e Gran Bretagna», scrive il portavoce del presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, su Twitter, gelando tutti. È l' Europa, bellezza. Quella delle 28 teste e presidenze, e dei cinguettii prima e dopo l' ufficialità. Alla fine tutto finisce bene: «L' accordo c' è», twuitta Tusk smentendo il suo portavoce. Ora la Gran Bretagna potrà attivare per 7 anni il cosiddetto «freno d' emergenza» per l' accesso dei benefici al Welfare. Nel testo dell' accordo con la Ue, dopo oltre 24 ore di negoziato, è precisato che la limitazione si applicherà «a tutti i lavoratori nuovi arrivati per un periodo di 7 anni». L' accesso ai benefici è graduale nell' arco di quattro anni. La richiesta di Cameron era di 7 anni, rinnovabili per due periodi di 3 anni ciascuno. A Bruxelles si ride e si cena, ma in Gran Bretagna no. A Londra gli schieramenti contrapposti già affilano le armi in vista del referendum sulla permanenza del Paese nel Club dei 28. Per scongiurare questo rischio, negli ultimi sette mesi, Bruxelles ha intavolato una trattativa per vedere se si poteva concedere qualcosa a Londra, che potesse convincere i britannici a restare, e a votare per la permanenza nella Ue al referendum voluto dal premier David Cameron: «Ora posso raccomandare di votare per la permanenza». Nella perfida «Albione», intanto, la partita ha tutt' altro sapore. Da un lato ci sono gli euroscettici, dentro e fuori il partito del primo ministro, che attaccano a prescindere quello che è destinato a essere inevitabilmente un compromesso. Dall' altro lato della barricata «i signori della City», la stampa inglese parla addirittura di 80 «capitani» delle maggiori 100 aziende quotate in Borsa a Londra, i quali fanno sapere ancor prima dell' epilogo delle trattative in terra belga che nessun successo d' immagine preteso da Cameron vale ai loro occhi il futuro del regno in Europa. Insomma, la politica può fare ciò che vuole, ma gli affari seguono altre logiche, altri percorsi. Anche perché l' accordo tra Ue e Gran Bretagna entrerà in vigore solo quando il governo britannico comunicherà che il referendum avrà confermato la volontà di restare nella Ue. Nel testo dell' accordo è scritto che l' intero pacchetto di accordi, in caso contrario, «cesserà di esistere». Il premier conservatore, che per sabato ha convato il consiglio dei ministri (il 23 giugno se tutto andrà bene si gli inglesi voteranno l' accordo), può contare sul sostegno di una sessantina di parlamentari che, sulla fiducia, gli attribuiscono il merito di aver riportato a casa, per la prima volta negli ultimi 25 anni, almeno qualche spicchio di potere nazionale nel valzer degli equilibri con Bruxelles. «Ho negoziato un accordo per dare lo status speciale del Regno Unito nella Ue. Lo raccomanderò al governo domani, (oggi, ndr)», sostiene su Twitter il premier britannico. Ma in seno al gabinetto la fronda attribuita al titolare dei Rapporti con il Parlamento, Chris Grayling, e a quello del Lavoro, Ian Duncan Smith, sembra poter conquistare a sorpresa anche il ministro della Giustizia, Michael Gove: un pezzo da novanta, sempre leale a Cameron. Oltre le beghe del governo, il fronte euroscettico deciso a dare battaglia è peraltro ben più ampio. «Se l' accordo al ribasso accettato da Cameron ha trovato tante resistenze a Bruxelles, immaginate quante possibilità abbiamo di recuperare davvero la sovranità su punti sostanziali come il controllo dei confini», tuona alla Bbc Steve Woolfe, eurodeputato dell' Ukip di Nigel Farage. riproduzione riservataCameron: «Ma voglio uno status speciale. Enrico Paoli