Lo schianto Metrojet di sabato scorso

Sharm, un "corvo" dell'Isis tra gli addetti ai bagagli dell'aeroporto

Matteo Legnani

Ci vorranno settimane, se non mesi, per sapere esattamente cosa ha tirato giù l'Airbus A321 della russa Metrojet sabato scorso sul Sinai. E per allora, come sempre accade nel caso degli incidenti aerei, è assai probabile che giornali e opinione pubblica abbiano dimenticato quei 224 morti russi e ucraini. Ma per intanto, la pista della bomba piazzata nella stiva dell'aereo appare quella più probabile e quella che gli investigatori russi ed egiziani stanno seguendo con maggior convinzione. Anche l'americana CIA è convinta che a causare l'incidente sia stato un ordigno esplosivo. Piazzata, la bomba, non da qualche passeggero kamikaze poi morto anche lui nello schianto. Ma da un addetto dell'aeroporto, magari proprio uno degli addetti ai bagagli che caricano le valigie sugli aeroplani. Un "corvo" dell'Isis tra i dipendenti dell'aeroporto di Sharm El Sheikh, per usare un termine molto in voga in questi giorni dalle parti del Vaticano. Chgiunque sia stato anche solo una volta sul Mar Rosso sa quanto le procedure di sicurezza siano approssimative: non solo a Sharm, ma anche in scali del Paese lontani dal Sinai come quello di Marsa Alam. Le autorità stanno interrogando i dipendenti dell'aeroporto per capire cosa sia successo all'alba di quel 31 ottobre e se qualcuno ha visto qualcosa di strano.