Brisbane, Australia

G20, i grandi della terra processano la Merkel

Nicoletta Orlandi Posti

In Australia, lontano dai tavoli europei, tutto è rovesciato: oltre al fuso e alle stagioni, anche il ruolo giocato da Italia e Germania al grande tavolo dei leader. Se a Bruxelles l’osservato speciale è il nostro Paese, a Brisbane è la Germania ad essere alla sbarra come responsabile di una politica miope dal punto di vista della crescita. Matteo Renzi lo sa bene e, quando scende a sorpresa nel Media Center, pone gli investimenti come condizione necessaria e sufficiente per dare il «calcio d’inizio alla ripresa economica». La definizione è di Jean Claude Juncker, sul quale pende la spada di Damocle di uno scandalo finanziario e sul quale grava il peso delle speranze dei leader extra euro. In mattinata il neo presidente della commissione europea ha dato prova di voler onorare la promessa dei 300 miliardi di investimenti, spiegando che il pacchetto sarà lanciato entro fine anno e che sarà accompagnato dalla creazione di un Hub, una cabina di regia europea che sovraintenda agli stanziamenti. Basta austerity - Insomma, sembra dire Juncker, si fa sul serio. E Renzi sembra disposto a crederci, cantando vittoria. «Tra i leader c’è la comune convinzione che l’austerità non serva, che quello che ci vuole sono gli investimenti, ha sottolineato il premier. «Dobbiamo crescere a tutti i costi», ha aggiunto. «Crescere tutti, l’Italia farà le riforme, ma l’Europa deve cambiare gioco». Prendendo esempio, se ce ne dovesse essere bisogno, proprio dall’Italia. Il governo, rivendica Renzi, sta facendo molto, dalla riforma costituzionale a quella della giustizia civile passando per il jobs act e la scuola. «Non abbiamo cambiato governo, ma abbiamo cambiato passo». Una vittoria, dunque? Per il momento è meglio considerarlo un buon vantaggio. Renzi non lo dice, ma sembra questa la sua posizione. L’insistenza con la quale anche oggi è tornato a battere su investimenti e crescita lascia pensare che non si tratti di una partita chiusa e che quella «pressione esercitata dall’Italia» sui partner europei e in particolar modo sulla Germania debba continuare. La benedizione di Obama - Da questo punto di vista, devono essere state particolarmente apprezzate le parole del presidente americano Barack Obama - con il quale Renzi si è soffermato in un breve colloquio prima dell’avvio della sessione plenaria - che ha sottolineato la necessità di puntare sulla crescita e l’occupazione. E il premier italiano passa immediatamente alla cassa per fare tesoro del sostegno ricevuto: «Come ci hanno invitato a fare il presidente Barack Obama e il primo ministro britanico David Cameron, dobbiamo cambiare strategia in Europa» perchè «l’austerità non basta, serve la crescita». Parole che rappresentano più di un indizio su quale potrebbe essere il tenore dell’atteso faccia a faccia tra Renzi e Juncker domani, al termine di lunghe settimane di frizioni e veri e propri colpi bassi fra i due. Un summit come quello del G20, tuttavia, è strategico anche e soprattutto per l’opportunità di confrontarsi e convincere i leader dei Paesi emergenti che investire in Italia conviene a tutti. Ecco, dunque, il colloquio con Tony Abbott, premier australiano e primo promotore di quella cabina di regia internazionale, quell’hub sugli investimenti che dovrebbe portare il Pil mondiale a crescere del 2 per cento in cinque anni; ecco spiegata l’importanza data da Renzi al bilaterale con il premier indonesiano Joki Widodo sui rapporti economici e culturali tra i due Paesi, anche in vista di Expo: ecco, soprattutto, il colloquio con Vladimir Putin sulle crisi in Ucraina, Siria e Libia, aree particolarmente nevralgiche per le ripercussioni in termini di approvvigionamenti energetici. Il caso dei marò - Ecco, infine, il breve incontro con il premier indiano Nerendra Modi. I rapporti tra i due Paesi, India e Italia, rimangono segnati dalla vicenda dei due marò. Impossibile, al momento, anche solo immaginare una operazione come quella fatta con il Forum Italia-Cina e che ha portato a siglare protocolli di intesa tra aziende dei due paesi per un valore totale di otto miliardi. L’invito di Renzi è, quindi, a non 'stressare' la vicenda, avendo rispetto per l’India: «Noi faremo di tutto per arrivare ad una soluzione», promette.