La sentenza
Oscar Pistorius, ecco come si è "salvato": tutti gli errori dell'accusa
Per molte persone, la condanna di Oscar Pistorius, reato di omicidio colposo (ancora non si conoscono gli anni), ha significato la sconfitta professionale di Gerrie Nel, il pm soprannominato "pitbull" per la tenacia con cui conduce gli interrogatori. Di converso, la sentenza viene interpretata come la sconfitta giudiziaria dei genitori della vittima, Reeva Steenkamp, che al termine del processo hanno versato lacrime di rammarico. Se Il pm non è riuscito a ottenere sufficienti prove per condannare per omicidio volontario l'atleta (con una pena ben più cospicua di quella che dovrà subire), è dovuto forse ad alcuni sbagli tecnici. Il movente - Il pm sin dall'inizio del caso ha messo sul piatto l'ipotesi di un movente a sfondo sentimentale e passionale. Secondo Gerrie Nel, quindi, Pistorius sarebbe stato spinto da un raptus di gelosia. Questo ha spinto il pm a avviare ricerche meticolose sui messaggi di Reeva. Se non fosse stato che il giudice Masipa aveva risposto sostenendo che "poche frasi scambiate su un cellulare non possono essere considerate prove e che le relazioni umane sono imprevedibili". I testimoni - Nella ricerca di testimoni, emerse una vicina di casa Pistorius, la quale affermò di aver udito "terrificanti urla" di donna prima degli spari. Per la seconda volta è stato il giudice Masipa ha smontare la testimonianza, definendola non attendibile per l'eccessiva distanza dal luogo: 177 metri. L'autopsia - Il pm ha fallito anche nella certificazione dell'autopsia: non è riuscito a dimostrare che Reeva aveva consumato l'ultimo pasto 2 ore prime della tragedia e non sette come l'imputato Pistorius affermava nella sua versione. Il dolo - Infine il pm non è riuscito a far prevalere la tesi secondo cui chi spara in una stanza da bagno chiusa lo fa per uccidere (Pistorius ha sparato attraverso una porta di legno chiusa). Il giudice Masipa però ha di nuovo fatto prevalere le sue tesi: non è possibile verificare l'intenzionalità dell'imputato di sparare per ammazzare.