Nell'anniversario dell'11 settembre

Barack Obama dichiara guerra agli jihadisti dell'Is

Nicoletta Orlandi Posti

Alla vigilia del13esimo anniversario degli attentati dell’11 settembre 2001 che portarono Washington alla guerra in Afghanistan e Iraq, Barack Obama ha parlato alla nazione. In un discorso di 15 minuti trasmesso in televisioni il presidente ha annunciato l'impegno degli Stati Uniti per "annientare" gli jihadisti. «Oggi l’America è più sicura ma c’è la minaccia dell’Isis che non è l’Islam ma un’organizzazione terroristica vera e propria: scoveremo i terroristi ovunque questi si nascondano. Condurremo una campagna sostenuta e sistematica di bombardamenti aerei», ha avvertito Obama. «In una regione dove è già stato versato tanto sangue questi terroristi sono davvero unici nella loro brutalità: uccidono i prigionieri - ha sottolineato Obama - uccidono i bambini, schiavizzano e violentano le donne, minacciano le minoranze religiose di genocidio. Tra le barbarie, hanno tolto la vita a due giornalisti americani: Jim Foley e Steven Sotloff». L’Isis «non è l’Islam - ha detto Obama - perchè nessuna religione giustifica le barbarie e l’uccisione di innocenti». Strategia diversa da Bush - Nel discorso che, per i toni duri e patriottici, è piaciuto anche ad alcuni suoi avversari repubblicani come Newt Gingrich, candidato alle presidenziali nel 2012,  Obama ha voluto rimarcare però anche la differenza di strategia rispetto al suo predecessore, George W. Bush: la lotta contro i terroristi dello Stato Islamico (Isis), ha puntualizzato, non «sarà come la guerra in Iraq o in Afghanistan: non saranno coinvolte truppe americane da combattimento sul suolo straniero». Poi ha spiegato: «Sarà un’azione costante ed implacabile portata avanti con i nostri amici e alleati per indebolire e alla fine distruggere il gruppo terroristico noto come Isis», ha affermato Obama che nel descrivere i dettagli dell’offensiva non ha mai utilizzo la parola «guerra». Gli Usa ricorreranno alla loro «potenza aerea» e sosterranno le truppe alleate sul campo. È la stessa strategia, ha spiegato il presidente Usa, che abbiamo perseguito con successo in Yemen e in Somalia per anni». Il retroscena - Fonti dell’amministrazione riferiscono che Obama e il vice presidente Usa Joe Biden prima del discorso alla nazione hanno chiamato i deputati per spingerli a inserire in una legge attualmente al vaglio del Congresso l’autorizzazione ad armare i ribelli. L’annuncio di un maggiore impegno militare in Medioriente sembra in contraddizione con la visione che lo stesso Obama aveva delineato durante la sua corsa alla presidenza, quando promise di porre fine alla guerra in Iraq. E il tempismo del nuovo piano anti Isil impressiona particolarmente: il discorso si terrà infatti a poche ore dalle commemorazioni per il 13esimo anniversario dell’11 settembre 2001. A 13 anni di distanza il timore degli Stati Uniti, come di altri Paesi occidentali, è che i concittadini che sono partiti per il Medioriente per combattere con l’Isil ritornino in patria per compiere degli attacchi. Tuttavia a questo proposito fonti ufficiali dell’amministrazione Usa hanno detto che non sono consapevoli di alcuna minaccia credibile di potenziali attacchi negli Stati Uniti da parte dello Stato islamico. Armare i ribelli - La proposta di armare i ribelli siriani era già stata presentata a Obama dai suoi più stretti collaboratori, compresa la ex segretaria di Stato Hillary Clinton, ma Obama aveva sempre resistito sostenendo che ci fosse troppa incertezza sulla composizione delle forze ribelli. Bisognerà dunque vedere come sarà giustificata l’eventuale scelta nel discorso di stasera. Il presidente aveva approvato un piccolo programma gestito dalla Cia per armare i ribelli, ma adesso si tratterebbe di uno sforzo ampliato, la cui gestione passerebbe nelle mani del Pentagono nei Paesi vicini al confine con la Siria.  Quanto agli attacchi aerei Usa in Siria, da aggiugersi a quelli già avviati in Iraq dall’8 agosto, stando alle persone vicine al presidente Usa Obama avrebbe cominciato a rifletterci più concretamente dopo la decapitazione dei due giornalisti Usa James Foley e Steven Sotloff. In una cena privata che si è tenuta lunedì sera con esperti di politica estera, per esempio, Obama ha sottolineato l’importanza di guardare lo Stato islamico come un’organizzazione unica e non come due gruppi separati da un confine. Ieri Obama ha incontrato nello Studio Ovale i leader del Congresso, ma pare che non intenda chiedere l’autorizzazione del Parlamento per far entrare in vigore il piano. Recentemente Washington ha inoltre fatto pressioni sugli alleati europei e in Medioriente per aiutare contro l’Isil. E oggi la Francia ha accolto questo invito: il ministro degli Esteri, Laurent Fabius, ha annunciato che Parigi è pronta a partecipare agli attacchi aerei contro gli estremisti in Iraq «se necessario». Germania e Italia avevano già annunciato che manderà armi ai curdi, in funzione anti Isil. Un sondaggio diffuso lunedì da Washington Post e ABC News mostra che gli americani sosterrebbero una campagna aerea degli Usa in Medioriente. Stando allo studio, il 71% degli intervistati è a favore, in aumento rispetto al 54% di sole tre settimane fa; e il 65% si è detto favorevole a un’estensione dei raid alla Siria.