Il "cestino"
La mafia in tavola vale 6 miliardi
La mafia nel piatto vale parecchi miliardi di euro. Il dato preciso non si conosce ancora c’è chi parla di 6 miliardi - ma una parte non trascurabile del finto cibo italiano - fatturato annuo 60 miliardi - è legata direttamente o indirettamente alla più antica organizzazione criminale d’Italia. A lanciare l’allarme è stata la Coldiretti che ha presentato ieri l’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare. Il primo dato ufficiale riguarda i sequestri nell’agroalimentare legato alle organizzazioni criminali che nei primi mesi del 2014 hanno già raggiunto la cifra di mezzo miliardo di euro. Ma quella della mafia a tavola con cibi, condimenti e perfino locali intestati alla «onorata società», è una industria fiorente. Come dimostrano proprio le prime scoperte della Coldiretti. Dal caffè Mafiozzo, prodotto in Bulgaria con un claim che ne fa addirittura un modello, «Lo stile italiano», alla salsa Sauce Maffia diffusissima perfino nei locali caratteristici di Bruxelles per insaporire le patatine, fino all’amaro Don Corleone, quest’ultimo prodotto nientemeno che in Sicilia e alle spezie Palermo Mafia Shooting (provenienza: Germania), che per sgombrare il campo da ogni possibile equivoco, mettono in etichetta una pistola calibro 9. Il Padrino nel piatto fa tendenza e garantisce buoni incassi. Ne sanno qualcosa pure i gestori della catena di ristoranti La Mafia che ha all’attivo negli utili anni diverse aperture nelle maggiori città spagnole. Oltreoceano, precisamente in Perù, impazza invece una catena che fa leva su un altra organizzazione criminale. A La Paz ha aperto da poco il Camorra Pasta Pizza & Grill. Chissà con quali soldi. Ma se negli Stati Uniti e nei Paesi “latini” l’industria della mafia nel piatto ha avuto il traino degli immigrati italiani (o dei loro eredi) anche paesi insospettabili della Vecchia Europa non scherzano. Oltre al caso del caffè in grani Mafiozzo, prodotto in Bulgaria dalla Psc Start di Blagoevgrad, da Malines, nella provincia della Fiandre (Belgio) la Good ‘n Food, produce e commercializza appunto la Sauce Maffia, un intruglio con olio di colza, rosso d’uovo, aceto, senape, polvere di cipolla, zucchero e spezie. A poca distanza, per la precisione a Diest, sempre nelle Fiandre, c’è lo stabilimento che sforna la Sauce Maffioso, un condimento a base di spinaci, cipolla, aglio, formaggio emmenthal, pepe rosso. E come potevano mancare gli Stati Uniti, il Paese che ha inventato l’italian sounding, grazie anche ai nostri connazionali immigrati colà in massa fino ai primi decenni del secolo scorso? Viene infatti dalla California la salsa piccante Wicked Cosa Nostra sulla cui etichetta campeggia però un cactus fiammeggiante. E sono americani i sigari Al Capone. Neppure i sudditi di Sua Maestà la Regina sono esenti da queste specialità criminaleggianti, per lo meno nel nome. In Gran Bretagna si consuma infatti un antipasto a base di anacardi confezionati in un vasetto di vetro: Chilli Mafia, su cui compare però la scritta «mangiare con cautela» perché il prodotto è molto piccante. Né poteva mancare la Cina in questa dispensa degli orrori criminali. Si producono a Hong Kong delle tagliatelle dall’aspetto un po’ inquietante (come capita spesso, d’altra parte ai cibi dell’ex Celeste Impero), battezzate Ma’fia, con l’apostrofo fra la prima a e la effe. Ma si sa, il tarocco made in China, almeno all’inizio, è sempre un po’ grossolano. In attesa di conoscere le conclusioni dell’osservatorio Coldiretti, resta da capire se i 6 miliardi della mafia nel piatto - fra generi alimentari inneggianti alla «onorata società» e produzioni legate a veri mafiosi e camorristi Doc - vadano aggiunti ai 60 miliardi di falsi e finti cibi made in Italy venduti nel mondo, oppure se siano compresi nel computo dell’italian sounding, quell’insieme di alimenti che fanno leva sull’assonanza italiana del nome per ingannare chi li acquista e li mangia. Per fortuna, almeno in questo caso, l’industria italiana svolge un ruolo marginale. «La nostra ricerca», spiega il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo, «ha consentito di scoprire nel mondo un vero mercato dell’orrore che fa affari su una delle piaghe più dolorose della nostra società e anche su questi casi farà luce la neonata Fondazione Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare». di Attilio Barbieri