L'editoriale
Gli appassionati di calcio lo sanno: ogni quattro o cinque anni esplode uno scandalo (che spesso viene poi smontato dalle verifiche) e questo sport, tanto amato e seguito dalle masse, perde un pezzo della sua credibilità sia a livello nazionale sia a livello internazionale. Già questo richiederebbe molta prudenza a chi indaga e assume decisioni gravi. Ma non si può, d’altronde, pretendere che la giustizia ordinaria chiuda gli occhi di fronte a indizi vistosi. E allora che fare? L’inchiesta in corso, che ha portato addirittura all’arresto di quindici calciatori tra cui uno popolarissimo, Beppe Signori (ex goleador irresistibile del Foggia, della Lazio e del Bologna), dimostra che alla cautela degli inquirenti dovrà però far riscontro maggiore serietà da parte degli atleti. Che in effetti, almeno a giudicare dalle intercettazioni (numerose), si sono comportati con una leggerezza inaccettabile. D’accordo. Sono uomini giovani, alcuni ricchi e altri no, un po’ viziati dalle società e dai tifosi che li considerano eroi, ma pur sempre professionisti e, quindi, obbligati a rispettare le regole. Qui il sospetto è che, scommettendo sulle partite di varie serie, abbiano contribuito con manovre illecite a modificare il risultato sportivo. E questo, se fosse accertato, sarebbe imperdonabile oltre che penalmente rilevante. Intendiamoci, le scommesse sono lecite e tutti le possono fare (nel rispetto dei codici), anche i calciatori, ma questi, se puntano su gare del campionato nel quale giocano, commettono inoltre una scorrettezza che attiene alla sfera dell’etica. Troppo presto per concludere che il pallone sia marcio e meriti di essere buttato via, però quest’ultimo fatto semina disgusto e inquietudine: non si può far finta che si tratti soltanto di una bravata. Bisogna uscire in fretta dal dubbio: chi ha sbagliato paghi, e chi non c’entra non venga leso nella retazione e negli interessi. Infine, sarebbe un grave errore che la giustizia sportiva, come è accaduto in passato, confondesse la responsabilità personale degli atleti con quella delle squadre. Nell’infliggere eventuali sanzioni, tenga conto che per colpa di una pecora nera sarebbe assurdo ci andasse di mezzo l’intero gregge.