L'editoriale

L’unica soluzione è togliere allo Statola droga fiscale

Ignazio Stagno

Il direttore di Libero, Maurizio Belpietro risponde ad una lettera di Massimo Donelli che propone di allargare il contributo di solidarietà sulle pensioni d'oro anche a chi gudagna più di 90mila euro annui con un aumento dell'Irpef. Ecco qui di seguito la risposta di Belpietro.  Caro Massimo, condivido quasi tutto della tua lettera, tranne la conclusione, ovvero la disponibilità ad accettare nuove tasse in nome dell’interesse nazionale. E non perché non mi stia a cuore la patria, ma perché penso che se davvero si vuol fare qualche cosa di buono per questo paese ci si deve battere contro l’aumento dell’Irpef e non per il suo innalzamento. Anche io come te non sono cieco né sordo e vedo qual è la condizione dell’Italia, tuttavia ritengo che il rischio peggiore che la nostra economia stia correndo sia di finire schiacciata sotto il peso del fisco.  Vedi, così come sono avversario dei facili populismi che tu richiami nella tua lettera, in particolare di quelli che hanno nel mirino le pensioni  sopra i 90 mila euro lordi l’anno, sono anche nemico delle campagne contro i cosiddetti ricchi. Cavalcare l’onda di chi vuole prelevare il dieci per cento ai pensionati che non sono ridotti  alla fame o il 15 a chi ha un reddito sopra i 100 mila euro è facile e popolare: essendo di più quelli che dall’Inps ricevono un assegno al minimo e quelli che campano con mille euro si incontra il favore di molti italiani. La frustrazione per i bassi salari e a volte l’invidia spingono a credere che basti mettere una bella tassa sulla ricchezza, cioè una patrimoniale, per risolvere tutti i problemi. In realtà, introdurre un’imposta che colpisca i redditi alti o anche il patrimonio non solo sarebbe iniquo, ma soprattutto sarebbe inutile perché non porterebbe al risultato sperato. Prendi proprio il caso delle pensioni d’oro. In Italia si è fatta molta demagogia a proposito degli assegni previdenziali più ricchi. Se si tolgono pochi casi, in totale circa 500, di pensioni d’oro non ne esistono: chi le percepisce è di solito un boiardo di Stato, che quasi sempre ha beneficiato di leggi su misura. Ammettiamo anche di togliere a questi pochi  privilegiati il vitalizio, che avremmo risolto? Sì, certo, avremmo raddrizzato una stortura del sistema e abolito un ingiusto vantaggio ottenuto da questi signori, ma non si può pensare che basti recuperare qualche milione (dieci, venti? Ammettiamo pure che siano cinquanta) per risollevare le sorti nazionali. Voglio dire:  cancelliamo pure le norme ad personam che hanno favorito quelle persone, ma non illudiamoci che basti a rimetterci in carreggiata. Le pensioni non d’oro ma neanche d’argento, cioè quelle da 3 mila euro lordi il mese, cioè meno di 2 mila netti, sono invece un po’ di più e in genere le incassano persone che hanno lavorato 40 anni e che hanno versato molti contributi: anche tassandole si risolverebbe poco, perché pur essendo alcune centinaia di migliaia i fortunati, si recupererebbero 600 o 700 milioni, una cifra apparentemente alta ma che si perderebbe come una goccia nel mare del debito pubblico. Insomma, nonostante le mirabolanti proiezioni diffuse da qualche sindacalista o politico, Renzi compreso, tassare i pensionati che non sono al minimo non  ci farebbe uscire dalla crisi, ma anzi metterebbe in crisi quel ceto medio che nonostante la crisi ancora non è ridotto in povertà. Stesso ragionamento, caro Massimo, lo si può fare a proposito dell’Irpef. Non già per quanto riguarda i numeri, ma per l’efficacia di un aumento della tassazione. Io non credo che innalzare di uno zero virgola l’imposta ci aiuterebbe. Al contrario penso che sarebbe il colpo di grazia per la nostra economia. Così come l’Imu ha depresso gli acquisti e i consumi, provocando un crollo del mercato immobiliare, il rincaro dell’Irpef sui redditi più elevati o l’introduzione della patrimoniale avrebbe un effetto depressivo. Le persone, colpite nella propria sicurezza economica o nei risparmi,  spenderebbero meno o non spenderebbero affatto e dunque il mercato interno, cioè il principale per la nostra economia, invece di crescere si ridurrebbe ancor di più di quanto è accaduto finora. Risultato:  i negozianti venderebbero di meno, le aziende ridurrebbero la produzione e l’occupazione calerebbe ancora di più.  In breve ci avviteremmo in una recessione senza fine e le tasse recuperate grazie al rincaro dell’Irpef o l’introduzione della patrimoniale non sarebbero sufficienti a colmare il buco provocato dalla caduta del gettito. Un po’ quel che è successo da Monti in avanti: nonostante 30 miliardi di imposte, dopo due anni lo Stato è più in bolletta di prima e si rivolge ai contribuenti bussando di nuovo a quattrini. Vedi caro Massimo, io penso che i nostri governi siano come i “tossici”: non bisogna dargli i soldi, perché se li spendono tutti in droga. L’Italia è drogata e deve disintossicarsi, cambiare vita, ridurre gli sprechi e le clientele. E per farlo c’è un solo modo, metterla di fronte alla propria responsabilità e al baratro che ha davanti a sé. Se così non sarà, se continueremo a finanziare la droga con cui si sta avvelenando un Paese, se continueremo ad accettare che ci siano finti storpi e finti forestali, che le leggi siano fatte per essere aggirate, dagli evasori o dai ladri, noi finiremo come quei genitori ridotti in miseria dal figlio tossico che ruba la loro pensione e il Paese come molti drogati morirà di overdose. Dunque, dammi retta: tieniti il vitalizio che ti sei guadagnato e respingi ogni tentativo di scippo. Farai il tuo bene e anche quello degli italiani. di Maurizio Belpietro Twitter: @BelpietroTweet maurizio.belpietro@liberoquotidiano.it