L'editoriale

Qui rivince Berlusconi. E la sinistra trema

Ignazio Stagno

Ohibò, l’effetto Renzi sul Pd è già finito o forse non è mai cominciato. Al punto che se si andasse alle elezioni il Rottamatore verrebbe rottamato e con lui la solita gioiosa macchina da guerra della sinistra. Nonostante la riforma elettorale e nonostante le promesse di cambiamento distribuite a piene mani dal sindaco di Firenze, non c’è infatti sondaggio che oggi non assegni la vittoria al centrodestra. E non serve a molto consolarsi, come faceva ieri Repubblica sul suo sito, scrivendo che il Partito Democratico sarebbe in assoluto il più votato dagli italiani, con il 27,6 per cento delle preferenze. Perché secondo l’Ipr marketing citata dal quotidiano di Ezio Mauro, il centrosinistra tutto insieme si fermerebbe al 31,3 per cento, mentre i moderati, anche senza l’Udc, raggiungerebbero il 37,6, percentuale che se fosse in vigore l’Italicum consentirebbe a Forza Italia e agli alleati di vincere al primo turno senza neppure andare al ballottaggio. Già qualche giorno fa il sondaggista di Ballarò, Nando Pagnoncelli, segnalava sul Corriere che grazie all’apporto dei centristi di Casini, Silvio Berlusconi sarebbe potuto risorgere e vincere, ma ora il vantaggio del centrodestra sul centrosinistra è diventato opinione corrente. Che ci sia del vero nell’inversione di tendenza registrata dagli esperti di umori elettorali  lo dimostrano anche due fatti:  un certo nervosismo nelle file renziane   e una battuta attribuita a Romano Prodi da un giornalista del suo cerchio magico. La prima, cioè l’irrequietezza dell’entourage del Rottamatore, è palpabile a distanza e sarebbe all’origine delle voci su una nomina del sindaco di Firenze al posto di Letta senza passare dalle urne  (addirittura alla testa di una maggioranza Pd più Sel e in compagnia di un po’ di tranfsughi grillini). La seconda, invece, è un allarme dell’ex presidente del Consiglio ed ex presidente Ue, il quale secondo Marco Marozzi, cronista che lo segue da una vita, si sarebbe fatto sfuggire un avvertimento a Renzi: occhio che qui vince di nuovo Berlusconi. Frase che Prodi in seguito ha smentito, ma a frittata ormai fatta. Insomma, dopo due mesi di sbornia a seguito della vittoria del Rottamatore alle primarie e dell’accordo sulla legge elettorale, nel centrosinistra è tornata la fifa di perdere. Avendo cacciato il Cavaliere dal Senato e considerandolo in lista d’attesa per un soggiorno nelle patrie galere, in molti lo avevano dato per morto e sepolto, per lo meno politicamente. Ma, come detto, passato l’entusiasmo e risvegliatisi dal sogno, a sinistra si sono accorti che Berlusconi è sempre lì, più vegeto di prima. Per Alessandra Ghisleri, sondaggista di fiducia di Silvio, il centrodestra è a un passo dal 37 per cento, soglia fissata dall’Italicum per sbancare il Parlamento, mentre Pd e Sel in un mese hanno perso l’1 per cento, assestandosi poco sopra il 32. Stessa musica per Data media ricerche, che dà Berlusconi e amici a un passo dal 37, davanti ai compagni. Perfino gli esperti di Agorà, la trasmissione politica di Rai tre, registrano il vantaggio del centrodestra. L’effetto Renzi, l’arrivo del Rottamatore sulla scena politica nazionale, se c’è stato sembra dunque già finito e anzi, ad analizzare certi movimenti col sismografo delle rilevazioni d’opinione, sembrerebbe addirittura che l’accordo con Berlusconi abbia fatto crescere i consensi di quest’ultimo e fatto calare quelli del segretario del Pd. Agli odiatori di professione, quelli che brindarono alla condanna Mediaset, non sarebbe piaciuta l’intesa con il Cavaliere e al sindaco imputerebbero di aver rianimato il nemico di sempre, il grande avversario.  Per questo motivo hanno ripreso quota le indiscrezioni a proposito di una prematura fine del governo delle larghe intese. Fino a ieri il segretario del Pd ha giocato su due tavoli, ripescando la vecchia strategia comunista del partito di lotta e di governo. Ma il gioco è bello fino a che dura poco e quello del Rottamatore è già durato troppo: tenere a bagnomaria l’esecutivo in attesa di fare le riforme non porta voti, al massimo li fa perdere. Perché se Renzi accusa Letta di non fare abbastanza, tra poco gli elettori di sinistra potrebbero accusare lui di non aver fatto nulla per costringere il governo a fare qualcosa. Soprattutto se il piano per cambiare la legge elettorale e modificare il titolo V e il Senato registrasse qualche ritardo sulla tabella di marcia. E ancor di più alla luce delle complicazioni che potrebbero sorgere dopo l’inaudita forzatura di Pietro Grasso, che ha deciso di costituire il Senato parte civile nel processo contro Berlusconi malgrado il parere contrario della Commissione. Per questa serie di fattori, Letta potrebbe avere i giorni contati e oggi alla riunione del Pd si comincerà a capire che aria tira. di Maurizio Belpietro Twitter: @BelpietroTweet maurizio.belpietro@liberoquotidiano.it