L'editoriale

Così ci fanno pagare la gogna di Berlusconi

Matteo Legnani

Forza Italia ha deciso di uscire dalla maggioranza di governo e di votare contro la legge di stabilità. Qualcuno metterà in collegamento la mossa con il voto che oggi dovrebbe far decadere Silvio Berlusconi da senatore, quasi che si trattasse dell’ultimo tentativo per impedire l’espulsione del Cavaliere dal parlamento o di una specie di rappresaglia preventiva. In realtà non è così: le due vicende sono è vero collegate, ma solo dalla fretta da parte della sinistra di liquidare il leader del centrodestra. L’urgenza che ha imposto di approvare ieri sera la manovra è dovuta alla necessità di liberare l’aula di Palazzo Madama e poter montare in tempo il patibolo che questa sera giustizierà Berlusconi.  Ma l’impellenza ha portato a votare e approvare una brutta legge di stabilità, piena di trabocchetti e di tasse contro il ceto medio, una stangata che non poteva in alcun modo ricevere il sostegno di  onorevoli che si erano fatti eleggere promettendo una riduzione delle imposte.  Se Forza Italia avesse detto sì in nome della stabilità oppure in nome di uno scambio sulla decadenza del Cavaliere, sarebbe venuta meno ai principi che hanno portato alla sua fondazione e Silvio Berlusconi avrebbe contraddetto vent’anni di storia contro le tasse. Esageriamo? Niente affatto:  ci è bastato leggere alcuni resoconti dei principali provvedimenti  contenuti  nel maxi emendamento su cui il governo ha posto la fiducia per capire che quello che stava per essere approvato era una maxi fregatura.  Cominciamo dalla casa, cioè dalla fregatura più bruciante. Palazzo Chigi ha annunciato che sulla prima casa non di lusso non si pagherà l’Imu. Apparentemente si tratta di una buona notizia, tuttavia se si legge con maggior attenzione si scopre che ciò non verseranno i proprietari che posseggono l’abitazione in cui vivono  lo corrisponderanno con gli interessi i proprietari di seconde case. A qualcuno tutto ciò potrà sembrare equo o per lo meno progressivo: chi ha di più, per esempio un alloggio per le vacanze, è giusto che dia di più. Ma a volte l’appartamento al mare o ai monti è stato comprato con una vita di sacrifici, magari con la liquidazione, ritenendo che il mattone fosse un bene sicuro, dunque non si tratta di nababbi ma di contribuenti onesti che hanno risparmiato, perché dunque punirli?  Non è tutto. È vero che le seconde case pagheranno ciò che non hanno pagato le prime, ma esiste un rischio molto concreto che la stangata ricada anche sui contribuenti che sono proprietari della sola abitazione in cui vivono. Nella manovra è infatti inserita una clausola in base alla quale la tassazione sugli immobili derivante dalla somma di Imu e Tasi non potrà superare il 10,6 per mille. Siccome già molti comuni sugli immobili diversi dalla prima casa hanno adottato l’aliquota massima è possibile che decidano di abbassare l’Imu per alzare la Tasi e Tari, due tasse che sono tenuti a pagare anche chi è titolare della sola casa in cui abita e - in parte - perfino gli inquilini. Secondo i calcoli fatti da esperti del settore nel 2015 sommando le due componenti delle imposte di servizio si potrebbe arrivare al 6 per mille, cioè a quella che era l’aliquota massima dell’Imu sulla prima casa. In pratica, per il contribuente che ha solo l’alloggio dove abita non cambierebbe nulla. Né c’è da credere che l’impatto sul contribuente sarà attenuato dalle detrazioni, come dicono alcuni. È vero che il fondo per ridurre l’imposta è aumentato, ma riguarda solo i redditi bassi e soltanto alcune tipologie di abitazione: quelle usate parzialmente o quelle in cui vive una sola persona. La fregatura dunque c’è e sarà pesante. Tuttavia, la casa è solo una delle ragioni che ci spinge a sostenere che questa manovra è invotabile da chi si dice liberale. Tra le pieghe del maxi emendamento è spuntato - seppur in via sperimentale - anche il reddito minimo garantito, cioè uno dei cavalli di battaglia del Movimento cinque stelle. Di che si tratta? Di un sussidio a chi non lavora, roba che in altri paesi ben più solidi di noi hanno sperimentato ma legandolo a requisiti precisi e invece da noi come al solito sarà distribuito a pioggia. Chi pagherà questa nuova forma di assistenzialismo? I pensionati con un trattamento superiore ai 90 mila euro lordi l’anno, cioè gli stessi a cui il governo ha già abolito la rivalutazione dell’assegno, ovvero ha già tolto centinaia di euro ogni anno. Chi ha il solo torto di aver lavorato una vita versando molti contributi e raggiungendo un trattamento previdenziale di tutto rispetto ormai è entrato nel mirino del governo, che vuole portargli via altri soldi per darli a qualcuno che non lavora. Una misura perfetta se fossimo uno Stato socialista, ma siamo in un paese che dice di ispirarsi al libero mercato e che nella costituzione si impegna a tutelare il risparmio. Poteva dunque votare Forza Italia una legge di stabilità simile? Ovvio che no. Possono votare questa manovra i ministri ex Pdl e ora Nuovo centrodestra? A voi - e a loro - la risposta. di Maurizio Belpietro