L'editoriale
Siamo al massacro. E rischiamo tutti
Dicono che la sentenza con cui la Cassazione dà torto a Silvio Berlusconi e fa un regalo da 500 milioni a Carlo De Benedetti fosse già scritta da tempo, per lo meno da prima dell’estate. I giudici avrebbero però deciso di non rendere noto il verdetto per evitare che si sovrapponesse a quello di un’altra sezione della suprema corte, quello che ha condannato lo stesso Berlusconi a quattro anni di carcere per frode fiscale. Fossero arrivate insieme, due botte del genere avrebbero rinfocolato le polemiche circa il complotto delle procure contro il Cavaliere, dando argomenti a chi ritiene che il leader del centrodestra sia vittima di un accanimento giudiziario che mira a farlo fuori. Dunque, meglio prendere tempo e posticipare il deposito del giudizio a dopo l’estate, quando i veleni per la prima condanna saranno stati smaltiti. Vera o falsa che sia la storia del rinvio, sta di fatto che la voce girava da settimane, addirittura da prima che Antonio Esposito leggesse nell’aula del Palazzaccio la conferma della condanna contro Berlusconi. Dunque la decisione non arriva inattesa ma semmai è una conferma di quel che si pensava e cioè che i giudici non avrebbero fatto alcuno sconto al capo del Pdl. Né in fatto di pena (processo Mediaset), né in fatto di multe (processo Mondadori). A dire il vero un ritocco c’è e del valore di circa 70 milioni: un abbuono frutto del ricalcolo delle sanzioni per un’operazione che risale alla notte dei tempi, cioè a quasi trent’anni fa. Ai comuni mortali lo sconto potrà apparire una fortuna e in effetti lo è: con 70 milioni chiunque di noi sistemerebbe la famiglia e gli eredi per molte generazioni. Tuttavia per un gruppo editoriale - Fininvest - 70 milioni sono briciole, soprattutto se si è costretti a pagarne circa 500. Una cifra mostruosa, in particolare se si tiene conto che l’oggetto del contendere, cioè la casa editrice Mondadori, tutta insieme in Borsa oggi vale meno della metà. Se Berlusconi restituisse ciò che De Benedetti pretendeva, cioè il cinquanta per cento della Mondadori, ora se la caverebbe con 130 milioni, risparmiandone quasi 400. Ma tant’è, i giudici hanno deciso così e dunque al Cavaliere tocca scucire. Al di là di ogni valutazione giuridica e al di là del presunto ritardo nel deposito della sentenza per evitare che questa coincidesse con l’altra, non si può evitare di notare come in pochi mesi lo scenario politico sia cambiato e come dalla crisi del centrosinistra si sia passati a discutere della fine del centrodestra. Certo, nel Pd proseguono le liti da pollaio e nonostante i programmi bellicosi di alcuni suoi esponenti («Se si va alle elezioni, li asfaltiamo») i sondaggi restano quelli di sempre e cioè sotto il trenta per cento. Ciò nonostante la questione all’ordine del giorno è la sopravvivenza di quello che ad oggi è ritenuto il maggior partito italiano. La condanna del suo leader, la spoliazione anche economica delle sue aziende, il rischio di una diaspora del Pdl in caso di caduta del governo, ipotecano infatti il futuro della casa degli italiani. Che succederà se Silvio Berlusconi decadrà da senatore e sarà rinchiuso ai domiciliari? Come reagirà la politica e l’opinione pubblica se una volta estromesso da senatore verrà arrestato da qualche Procura in cerca di visibilità? Cosa accadrà al partito che egli ha creato e che ora si prepara a rifondare? Ma soprattutto: quale sarà il futuro di un paese dove il capo della maggior forza politica viene buttato fuori gioco dagli avversari e messo senza troppi complimenti in manette? Lo sappiamo: di questi tempi gli italiani badano in particolare alle proprie sorti, al proprio lavoro e al proprio portafoglio. Tuttavia, quello che sta accadendo non può essere considerato solo una questione personale di Silvio Berlusconi. Liquidare il caso come una faccenda giudiziaria di un privato cittadino che incidentalmente ha ricoperto un ruolo nella storia di questo paese è un errore, perché apre la porta a scenari imprevedibili, con l’Italia in mano ai grillini e alle frange della sinistra, senza più una vera forza moderata. Certo: non si può far dipendere il futuro di questo Paese da un uomo che ha settantasette anni e ha fatto la sua storia. Ma non si può neppure far finta che niente stia accadendo e che dopo di lui ci sia qualcuno pronto a raccogliere il testimone. A meno che (come ieri qualcuno è tornato a immaginare) la figlia Marina non ci ripensi e non scelga di scendere in campo, senza di lui il centrodestra rischia di scomparire tra le divisioni. Angelini e pitonesse sono pronti a sbranarsi per l’eredità, un epilogo che è esattamente ciò che desidera la sinistra per avere campo libero. Ma la guerra fratricida a destra è esattamente ciò che noi non ci possiamo permettere. Il caso Berlusconi non è un caso giudiziario, ma un caso politico e come tale va affrontato. E i primi a prendere coscienza devono essere i parlamentari di centrodestra, insieme agli elettori moderati. Se oggi, dopo la decisione della Cassazione a favore di Carlo De Benedetti arriverà anche l’espulsione del Cavaliere dal Parlamento, non si potrà chiudere la faccenda con un’alzata di spalle: servirà un’alzata di scudi. È giunta l’ora di rendersene conto. di Maurizio Belpietro @BelpietroTweet