L'editoriale

Napolitano riesuma Amato per fare la riserva di Letta

Andrea Tempestini

Rieccolo, scriveva Indro Montanelli di Amintore Fanfani. Infatti, ad ogni crisi di governo, il leader dc rispuntava, pronto ad un nuovo incarico e incurante delle precedenti sconfitte.  Cinque volte presidente del Consiglio, ministro almeno una mezza dozzina, segretario Dc due e presidente del Senato altrettante, il gran democristiano - lo chiamavano così per la bassa statura - dominò la scena politica per mezzo secolo, giocandosi la partita di capo di lungo corso con Giulio Andreotti. «Se è scomparso in testa, riappare in coda. Se è cascato a sinistra, rispunta a destra. Ma rispunta sempre», scriveva di lui il fondatore del Giornale. Sono passati gli anni, Fanfani è morto e sepolto, eppure c’è chi ha intenzione di eguagliarne il primato e, cosa non secondaria, di occupare altrettante poltrone.  Il nuovo rieccolo si chiama Giuliano Amato. A differenza del suo predecessore è stato presidente del Consiglio solo un paio di volte e in tre occasioni ministro (con Craxi e con Prodi), ma può vantare di aver fatto il sottosegretario alla presidenza in due diversi gabinetti oltre ad aver presieduto l’Antitrust e un certo numero di commissioni e sottocommissioni.  Come Fanfani è giudicato una «riserva della Repubblica», nel senso che ad ogni occasione rispunta, pronto a farsi carico di un’altra missione. Il suo nome era tra quelli in corsa alla sostituzione di Carlo Azeglio Ciampi per la presidenza della Repubblica e, nonostante l’impopolarità, qualcuno lo aveva infilato nella terna per la scelta del sostituto di Napolitano. Prima della nascita del governo Letta c’è stato un momento in cui si era parlato di lui anche come futuro premier di un governo di scopo, ma poi  il ricordo del prelievo forzoso del 1992 sui conti correnti degli italiani deve aver fatto desistere il capo dello Stato: qualcuno avrebbe potuto pensare che il solo scopo del nuovo esecutivo fosse quello di mettere le mani in tasca ai cittadini. Nonostante la cattiva fama di cui gode, in queste ore il nome di Amato è riemerso dalle nebbie della prima Repubblica per essere ripescato alla fresca età di 75 anni in vista di  un nuovo prestigioso compito. Ne dava notizia ieri il Corriere della Sera, secondo il quale il dottor Sottile (il soprannome glielo affibbiò Eugenio Scalfari, affascinato dall’acume politico del consigliere di Craxi) sarebbe il più autorevole candidato a sostituire l’attuale presidente della Corte costituzionale. Dopo averlo immaginato al suo posto, sul Colle, e aver pensato a lui in funzione di traghettatore delle larghe intese, adesso Napolitano lo vorrebbe piazzare là dove si decideranno non solo la decadenza di Berlusconi (ammesso e non concesso che passi l’idea di ricorrere alla Consulta), ma anche i referendum radicali, la legge elettorale e molte altre cose. La nomina dovrebbe arrivare entro il 14 settembre, data di fine mandato di Franco Gallo, che dal 26 gennaio presiede l’autorevole consesso di giudici.  L’alto incarico potrebbe apparire la degna conclusione di una carriera ai vertici della Repubblica e invece no, perché, come avverte lo stesso quotidiano di via Solferino, da sempre il più informato di cose quirinalizie, altre e più importanti designazioni potrebbero arrivare. In ore in cui il governo di Enrico Letta traballa a causa del voto sulla incandidabilità del Cavaliere e per le faide interne al Pd, il Corriere aggiunge sibillino che l’approdo alla Consulta per l’ex premier non sarebbe comunque di per sé «preclusivo di incarichi politici». Come dire: per ora Amato fa il giudice costituzionale, poi se si apre una crisi politica può sempre venir buono come presidente del Consiglio di un esecutivo tecnico o del presidente. Per essere più convincente, il giornale diretto da Ferruccio de Bortoli si spinge a ricordare che mesi fa, quando Bersani fu costretto a tornare a mani vuote dal capo dello Stato, Napolitano immaginò di affidare l’incarico di formare un governo di scopo a Franco Gallo e di Sabino Cassese, altro giudice costituzionale, si parlò  per la presidenza della Repubblica. Come dire che, nonostante le tre pensioni (da presidente Antitrust, professore e parlamentare: in tutto 31 mila euro lordi che lui giura non essere più di 11 mila, in gran parte devolute in beneficenza), Amato è ancora in pista e pronto ad approfittare della crisi di governo.  Un piccolo roditore (così lo raffigurava Giorgio Forattini nelle sue vignette) che nel formaggio si trova a proprio agio e non ha intenzione di lasciarlo. Fedele al motto che compare nel suo blog («Quando tutti urlano, uno che ragiona a bassa voce fa più rumore»), zitto zitto il dottor Sottile si preparerebbe a scalare l’ultima poltrona di una lunga serie. In una parola, rieccolo. di Maurizio Belpietro @BelpietroTweet