L'editoriale
Silvio ha vinto, ora è disarmato
Ci sono una buona e una cattiva notizia. La prima consiste nell’abolizione definitiva della prima rata dell’Imu, cioè di quella che avremmo dovuto versare a giugno e rischiavamo di essere costretti a pagare appena rientrati dalle vacanze. La seconda è che, nonostante le rassicurazioni del governo, non è ancor chiaro che cosa accadrà a dicembre, se cioè a fine anno ci verrà presentato il saldo con gli interessi di ciò che non abbiamo corrisposto finora oppure se il salasso ci verrà risparmiato fino al 2014, quando entrerà in funzione la service tax, cioè la versione furba dell’Imu e della Tares insieme. Nell’uno o nell’altro caso, la sensazione che la fregatura sia dietro l’angolo è piuttosto forte, per cui invitiamo i contribuenti a sospendere per ora i festeggiamenti dovuti all’abolizione dell’odiata tassa sulla casa in attesa di vederci più chiaro. Tanto pessimismo forse stupirà qualche lettore cui è noto quanto questo giornale si sia battuto per la cancellazione del prelievo fiscale sulle abitazioni. Tuttavia se non brindiamo una ragione c’è. L’abrogazione dell’Imu infatti continua a essere poco chiara e, soprattutto, poco convinta. Sì, è vero, ieri il governo ha annunciato che i soldi per coprire il mancato introito ci sono e dunque nel prossimo mese i proprietari della prima abitazione non dovranno mettere mano al portafogli. Ma l’esenzione finale non è garantita in quanto, ad ora, c’è solo un accordo politico e non un atto del Consiglio dei ministri che decreti la morte dell’Imu. Dunque, la vera decisione è rinviata, un po’ come tutto ciò di cui questo governo si deve occupare, a partire dall’Iva. Come chiunque ricorderà, l’aumento dell’imposta sul valore aggiunto doveva scattare a metà anno, portando il prelievo dal 21 al 22 per cento. Poi, in seguito alle proteste dei commercianti preoccupati per gli effetti che un rincaro della tassa potesse avere sui consumi, si è deciso di aspettare, facendo slittare l’entrata in funzione del provvedimento. Attenzione: slittare, non rinunciare, e dunque la spada di Damocle della super Iva continua a pendere sul capo degli italiani e potrebbe essere calata a ridosso delle festività natalizie, cioè nel momento in cui, grazie alla tredicesima, si dedicano ai regali di fine anno. Siamo troppo diffidenti? È possibile e nel caso ci auguriamo di essere presto smentiti da una decisione governativa, ma purtroppo conosciamo i nostri polli, intesi come politici di lungo sorso (nel senso che sono delle autentiche idrovore del risparmio privato), e dunque tendiamo a prendere con le molle le loro promesse. Anche perché, per bocca del suo segretario, ancora l’altro ieri il Pd definiva non una priorità la cancellazione dell’Imu. E dunque chi può assicurarci che quello fatto finora non sia solo un gioco delle tre carte, cioè una furfanteria messa in atto allo scopo di prendere tempo? Ci spieghiamo meglio. Come è noto l’esecutivo guidato da Enrico Letta è appeso a un filo e cioè alla difficile possibilità che si trovi una soluzione per evitare l’arresto e la decadenza di Silvio Berlusconi. La maggioranza infatti non sopravviverebbe allo scontro che si scatenerebbe se il Cavaliere fosse estromesso per via giudiziaria dalla scena politica. Tuttavia è anche altrettanto risaputo che il leader del centrodestra, se decidesse di buttare all’aria l’esecutivo, non lo farebbe sui temi che lo riguardano ma sulle questioni che toccano la gente da vicino, come ad esempio l’Imu. E, siccome Epifani e compagni sanno che se Letta cade sulle tasse e l’economia per loro la campagna elettorale diventerebbe in salita e divisi come sono rischierebbero di perdere la sfida, ecco la trappola di cui temiamo l’esistenza. Per rendere inoffensiva la pistola che il Pdl tiene puntata contro il premier basterebbe annunciare l’abolizione dell’Imu. Togliere di mezzo cioè in un sol colpo l’argomento principale delle campagne elettorali di Berlusconi e il motivo su cui il centrodestra ha basato il suo appoggio alle larghe intese. Senza Imu, per dare il colpo di grazia all’esecutivo al Cavaliere resterebbero solo le sue faccende giudiziarie che, come i lettori sanno, sono gravi e pericolose, ma per una parte dell’elettorato non sufficienti a mandare a casa Letta. Insomma, a naso siamo diffidenti perché temiamo che si stia preparando il delitto perfetto: prima si disarma Silvio e poi lo si rinchiude ai domiciliari buttando via la chiave, facendolo decadere da senatore in modo che l’unico permesso consentitogli sia quello di vedere i figli, mica gli elettori. Dopo di che, una volta liquidato il Cavaliere, c’è sempre tempo per buttare all’aria «l’accordo politico» sull’Imu: i patti sono fatti per essere rotti e che c’è di meglio se non romperli addebitandone il conto al ceto medio? Ovviamente, con gli interessi. Maurizio Belpietro maurizio.belpietro@liberoquotidiano.it