L'editoriale
Ultimatum di Silvio: 7 giorni
Silvio Berlusconi si è dato sette giorni di tempo, poi deciderà che fare. Il 15 agosto saranno infatti trascorse due settimane dalla sentenza che lo condanna in via definitiva a quattro anni di carcere e per quella data il leader del centrodestra vuole capire se esistono le condizioni per consentire una sua agibilità politica oppure no, se cioè vi sia una soluzione per impedire che il maggior partito italiano venga privato del proprio capo oppure se ci si debba attendere il peggio. La richiesta del Cavaliere appare più che legittima, perché, se da un lato fino a ottobre non dovrebbero intervenire fatti nuovi per quanto riguarda l’esecuzione della sentenza, vale a dire che fino a quella data non dovrebbe finire in gattabuia, dall’altro l’ex premier non ha alcuna intenzione di farsi cogliere impreparato da un esito che punta alla sua espulsione dalla scena politica mediante l’arresto. Soprattutto vista la piega che stanno prendendo le cose dentro il Partito democratico. Non che Berlusconi si facesse molte illusioni sulla consistenza dell’ala garantista del Pd, ma dopo le recenti uscite di Guglielmo Epifani si è convinto che, nonostante lo sforzo del capo dello Stato per tenere unita la maggioranza che sorregge il governo, da quel fronte non arriverà niente di buono. Del resto il segretario del più importante partito della sinistra è stato chiaro. Anzi, diciamo che si è dato da fare per sospingere il fondatore del Pdl verso l’uscita di scena, annunciando subito dopo la sentenza la necessità di applicare la condanna e invitando ieri, dalle pagine del Corriere della Sera, il Cavaliere a un passo indietro. Epifani sa che il suo partito non sopravviverebbe al tentativo di salvare Berlusconi e dunque preferisce condannare quest’ultimo alla reclusione, consegnandolo direttamente nelle mani dei pm. Se questa è la situazione, se cioè dal Pd non c’è da attendersi nemmeno la minima esitazione, non resta perciò che l’ultima spiaggia, quella del Quirinale: o la grazia o un provvedimento che commuti la pena in una multa ed eviti la reclusione. Solo così il Cavaliere vedrebbe rispettata l’esigenza di una agibilità politica. Solo in tal modo si potrà impedire che la condanna terremoti la già terremotata situazione politica italiana, imprigionandone dietro le sbarre (sì: nonostante le rassicurazioni della Procura e le smentite dei giornali amici dei pm, la detenzione in carcere resta possibile se non addirittura probabile) il protagonista principale. L’eventualità che Giorgio Napolitano intervenisse a correggere la situazione con un provvedimento di clemenza - ipotesi rivelata per primo proprio da Libero - ha però fatto storcere il naso a molti, in particolare a coloro che da anni sognano l’eliminazione di Berlusconi per via giudiziaria. Prima hanno sostenuto la tesi della improcedibilità di una misura di clemenza, portando a pretesto l’esistenza di altri procedimenti penali a suo carico. Poi si sono spinti addirittura ad attribuire al capo dello Stato delle frasi e degli atteggiamenti, costringendo il presidente della Repubblica a una pubblica nota per smentire le dichiarazioni che gli erano state messe in bocca. È evidente che l’inquilino del Colle sta valutando tutte le soluzioni possibili, grazia o misure che commutino la pena evitando al Cavaliere l’onta del carcere. Che altro dovrebbe fare? In un periodo così politicamente ed economicamente travagliato, l’uomo del Colle ha come principale obiettivo la stabilizzazione della situazione e non potrebbe essere altrimenti. Napolitano non pensa a salvare Berlusconi, di cui crediamo gli importi nulla. Pensa a salvare il Paese da uno scontro che sarebbe senza precedenti e lascerebbe il segno. Dunque, nel rispetto della Costituzione, valuta tutte le soluzioni, grazia inclusa. Tuttavia, ciò non vuol dire che l’atto di clemenza sia scontato. Anzi. Il capo dello Stato sa perfettamente che evitare la carcerazione del Cavaliere ha un prezzo piuttosto alto. L’ala sinistra della politica non capirebbe e soprattutto non si rassegnerebbero certe toghe. Dunque, il presidente della Repubblica si è preso il tempo necessario per pensare. Giorni, forse settimane. E qui interviene l’impazienza di Berlusconi, il quale non ha alcuna intenzione di rimanere a lungo in attesa che la meditazione produca i suoi effetti, anche perché il rischio di restare con un pugno di mosche e le manette ai polsi è altissimo e a quel punto tutto sarebbe molto più difficile. Risultato: senza dare ultimatum, senza minacciare fuochi d’artificio, il Cavaliere si è dato per scadenza la metà del mese. Se a ferragosto niente sarà deciso, lui girerà l’Italia, passando da una spiaggia a una telecamera per spiegare l’ingiustizia che ha subìto. In tal caso sarà un’estate calda. Anzi, caldissima, altro che Caronte. di Maurizio Belpietro @BelpietroTweet