L'editoriale
Caccia grossa al contribuenteberlusconiano
«La Cia ci spia, con l’aiuto della polizia» è un vecchio ritornello di una canzone di Eugenio Finardi, cantautore molto in voga negli anni Settanta. Adesso però si scopre che a spiare non era la Cia ma la Nsa, cioè la National Security Agency, cioè i parenti stretti degli spioni di Langley, i quali, con il beneplacito del democraticissimo Obama, il presidente Usa più amato dagli italiani di sinistra, hanno messo sotto controllo le telefonate di milioni di americani, setacciando le loro chiamate e perfino i loro acquisti, grazie alle verifiche sulle carte di credito. Negli Stati Uniti ne è nato uno scandalo che sta facendo barcollare il comandante in capo della Casa Bianca. Barack è stato costretto a giustificarsi e non ha trovato di meglio che chiamare a sua difesa il Congresso, ma le polemiche non accennano a placarsi. Per gli Usa la privacy è sacra e, nonostante ci siano di mezzo questioni di sicurezza nazionale, non sono propensi a fare sconti. Da noi al contrario ormai chiunque può controllare non solo le nostre telefonate e le nostre carte di credito, scoprendo cosa compriamo e dove andiamo anche se non siamo soggetti a un’inchiesta, ma tra poco potrà sapere anche per chi votiamo e magari tenere da parte l’informazione se il partito su cui mettiamo la crocetta non è gradito al selezionatore. Nel silenzio generale l’ultima barriera costituzionale alla nostra privacy, quella costituita dalla segretezza del voto, sta infatti per cadere, mettendo nelle mani della pubblica amministrazione e dei burocrati dello Stato un’altra notizia sensibile oltre alle molte di cui già dispongono. Già le nostre conversazioni non sono più un segreto, perché un giudice con qualsiasi pretesto, anche se non siete indagati, può ascoltarvi trovando qualche sospetto con cui voi vi intrattenete. Già un agente del Fisco può conoscere cosa vi piace comprare, dove amate pranzare e dove avete trascorso le ultime vacanze e cosa avete regalato a vostra moglie o all’amante. Da domani però, con la dichiarazione dei redditi, sarà a conoscenza anche delle vostre idee politiche. L’opportunità di conoscere l’orientamento politico degli italiani è fornita dalla modifica alla legge sul finanziamento pubblico dei partiti, la norma tanto strombazzata dal governo Letta come segno di cambiamento, presentata come il primo vero taglio ai privilegi della casta. Il provvedimento è noto: per venire incontro alle richieste grilline l’esecutivo ha deciso di abolire i rimborsi elettorali che ogni gruppo incassava a piene mani, sostituendoli con donazioni volontarie che gli italiani potranno fare quando compileranno la dichiarazione dei redditi. In pratica, i contribuenti, insieme con il modello da consegnare al Fisco, troveranno una specie di scheda elettorale con tutti i simboli dei partiti e per sostenere quello in cui credono potranno mettere la croce decidendo di destinare il due per mille, come già si fa per la Chiesa cattolica o per altre confessioni religiose o anche per le Onlus. E fin qui niente da dire. La stragrande maggioranza degli italiani è cattolica, anche se poco praticante, dunque nessuno si stupisce se la crocetta premia Santa madre chiesa o una Onlus che fa volontariato. Tuttavia con i partiti la questione cambia, anche perché una volta segnata la preferenza e stabilito a chi dare il due per mille, cosa succede? Come verrà registrata la donazione? Chi custodirà la preziosa informazione che Tizio dà i soldi al Pdl, Caio li regala al Pd e Sempronio invece finanzia Sel? In pratica, che fine fa la notizia sensibilissima che riguarda gli orientamenti politici degli italiani che pagano le tasse? Non è tutto: prendete il caso di un commerciante che dichiari una certa cifra e decida di donare il suo due per mille al Pdl. Ora immaginate un funzionario del Fisco che voti per il Pd o per Sel e abbia in odio Berlusconi. Quindi provate a pensare che questo signore abbia il potere di decidere verso chi indirizzare gli accertamenti. Secondo voi avrà un motivo in più per decidere di passare al setaccio i conti del commerciante che finanzia il Pdl oppure no? Io credo di sì. E un magistrato di sinistra che indaga su un professionista, una volta scoperto che questi vota per il centrodestra, si comporterà come nulla fosse oppure no? Io credo di no. Per queste ragioni io penso che, con il disegno di legge del governo, cada l’ultima barriera di segretezza degli italiani, i quali già sono costretti a fare i conti con uno Stato onnipresente, con i suoi giudici e la sua burocrazia onnivora. Ma tra poco dovranno difendersi anche da una nuova minaccia. In Italia esiste già un pregiudizio nei confronti di commercianti, lavoratori autonomi e imprenditori, ritenuti tutti potenziali evasori e come tali oggetto di verifiche e vessazioni di ogni tipo. Se al pregiudizio per l’attività svolta si dovesse aggiungere anche quello politico saremmo davvero in un regime. Il Fisco, oltre ai nostri gusti e alle nostre preferenze, conoscerebbe le nostre passioni verso questo o quel partito e volendo potrebbe usare quelle informazioni per colpirci o favorirci, a seconda dell’orientamento di chi lo guida. Non ci sarebbe bisogno di una spia in cabina elettorale, così sarebbe tutto più comodo e più facile. Altro che Grande Fratello. Qui siamo al Grande Controllo. E io nelle mani di un burocrate del Fisco o della magistratura il mio voto non lo voglio mettere.