L'editoriale
Carta canta: Monti ci ha truffato
di Maurizio Belpietro @BelpietroTweet A proposito di tempo perso, non è vero che abbiamo buttato via due mesi, come ha detto l’altro ieri Matteo Renzi. A conti fatti il periodo sprecato è molto di più di quello indicato dal sindaco di Firenze, ovvero quasi un anno e mezzo. Già, perché ora che si possono toccare con mano i veri risultati del governo Monti, si scopre che l’esecutivo tecnico ha fatto ben poco e quel poco a volte ha portato più guai che benefici. La prova che 17 mesi sono trascorsi invano, senza risolvere ma anzi aggravando i problemi dell’Italia, è contenuta nel rapportone Istat, che ogni trimestre l’istituto di statistica compila per la gioia di chi voglia conoscere le condizioni di salute dei conti pubblici. La radiografia non è affatto tranquillizzante, ma al contrario di ciò che sostiene il nostro presidente del Consiglio mostra che durante i mesi del suo governo la situazione della finanza statale è peggiorata. Si comincia dalle tasse: secondo quanto rilevato dagli esperti negli ultimi tre mesi del 2012 la pressione fiscale ha raggiunto il 52 per cento, un livello mai toccato in passato, che è superiore di un punto e mezzo rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. La media annua delle imposte si attesta al 47,7 del Pil, contro il 46,2 per cento del 2011. Da soli questi dati testimoniano il salasso cui ci ha sottoposto l’ex rettore della Bocconi, ma di fronte all’evidenza della stangata il professore potrebbe replicare come altre volte ha fatto, ovvero che ciò si è reso necessario per rimettere i conti in ordine. Una specie di medicina amara che una volta trangugiata fa stare meglio il paziente. Falso, falsissimo. Perché mentre da un lato lo Stato prelevava soldi a palate dalle tasche degli italiani, sottoponendoli all’Imu, alle addizionali Irpef e alle accise su benzina e altro, il bilancio statale non migliorava. Ancora una volta a documentarlo è l’Istat: nel rapporto infatti emerge che nel 2012 le uscite totali sono aumentate dello 0,7 per cento rispetto all’anno precedente, risultando pari al 50,6 per cento del Prodotto interno lordo. Tradotto, significa che Monti non ha affatto messo a dieta la pubblica amministrazione, ma ha speso di più del governo precedente. Né vale la giustificazione che il governo tecnico ha dovuto pagare tassi d’interesse più elevati di quando a Palazzo Chigi c’era Berlusconi, ereditando da quest’ultimo uno spread alle stelle. La spesa totale nel 2012, al netto degli interessi sul debito, è stata del 45,2 per cento del Pil, contro il 45 del 2011. È vero che l’avanzo primario prima del pagamento degli interessi è stato del 2,5 per cento e dunque migliore rispetto all’anno precedente, ma questo lo si deve esclusivamente alle entrate, non alle riduzioni di spesa. Insomma, il rapportone dell’istituto di statistica documenta quel che sospettavamo e cioè che la spending review è stata una gigantesca presa in giro e in realtà si è tagliato poco e nulla. A ridurre le spese non è riuscito il sottosegretario appositamente delegato, un signore che studia la materia del bilancio pubblico da oltre un ventennio, e nemmeno il preposto commissario, il quale dopo pochi mesi è stato dirottato a fare il selezionatore dei candidati della lista civica, cioè del partito di Monti. Riduzione delle province, tagli alle spese della Casta, centrale unica di acquisto: dopo 17 mesi di promesse restano solo le chiacchiere e la realtà concreta delle tabelle dell’Istat. Pensate se invece di insediare un esecutivo tecnico, Giorgio Napolitano nel novembre di due anni fa avesse accolto le dimissioni di Berlusconi e, una volta verificata l’impossibilità di formare un nuova maggioranza, avesse semplicemente sciolto le Camere, restituendo la parola agli italiani. Certo, per qualche mese avremmo ballato un po’ (o forse no: oggi abbiamo un governo dimissionario, l’economia va peggio di prima eppure lo spread non se ne preoccupa), ma a quest’ora a Palazzo Chigi avremmo qualcuno che è stato eletto ed è nel pieno dei suoi poteri, non un presidente dimezzato da una sconfitta elettorale e da una sfiducia, seppur non parlamentare. Se il capo dello Stato non si fosse fatto tentare da strane soluzioni e non si fosse piegato ai desideri della Merkel e dei mercati, oggi non staremmo messi così, con un presidente della Repubblica agli sgoccioli, un presidente del Consiglio che nessuno vuole, un governo che non c’è e che non è detto ci sarà. Forse qualcuno si consolerà con Grillo, il quale dice che è meglio non avere un governo, pensando che se non c’è almeno non combina guai. Purtroppo non è così. Un governo c’è ma per finta e ci prende pure in giro facendoci credere di pagare i debiti che la pubblica amministrazione ha con le imprese. Ma, come spiega il nostroFrancesco De Dominicis a pagina due è una presa in giro. Con questo governo andiamo in malora. La tragedia di Civitanova, dove tre persone di una stessa famiglia si sono uccise causa disperazione (il marito della coppia suicida era esodato e temeva un futuro nerissimo), ne è la dimostrazione. L’ultima di una lunga serie.