L'editoriale

Palla a Napolitano per il governissimo

Andrea Tempestini

  di Maurizio Belpietro @BelpietroTweet Diciamoci la verità: Pier Luigi Bersani ci ha fatto perdere una settimana di tempo e forse altro ce ne farà perdere nella prossima, quando il capo dello Stato cercherà di comporre il puzzle per dar vita a un nuovo governo. Il segretario del Pd per giorni si è intestardito a corteggiare il Movimento Cinque Stelle, quando balzava agli occhi anche a un cieco che Grillo non avrebbe mai accettato di far parte dell’esecutivo dell’ammucchiata, con il Partito democratico e Sel, né avrebbe acconsentito a votargli la fiducia o a sotterfugi tipo l’uscita dall’aula del Senato. Invece di prendere atto dello stallo delle trattative e dell’impossibilità di far nascere un gabinetto con la partecipazione dei pentastellati, l’esploratore ha usato ogni lusinga, perfino quella di far balenare ai grillini l’elezione di un presidente della Repubblica a loro caro e, nel contempo, l’espulsione dal Parlamento di Berlusconi, cioè del leader che rappresenta un terzo degli italiani. Inseguendo il miraggio di un’alleanza con il Movimento Cinque Stelle, Bersani ha sbagliato tutto, mandando non solo se stesso e il suo partito a schiantarsi, ma trascinando il Paese in un limbo, senza una maggioranza stabile, senza un governo nel pieno dei suoi poteri, dato che quello dimissionario ha scelto di suicidarsi con la vicenda dei marò e dunque ha perso anche l’ultima parvenza di autorevolezza. Tutto ciò mentre tra pochi giorni Camera e Senato, cioè un parlamento paralizzato dalla ricerca dell’accordo per l’esecutivo, dovranno affrontare un nuovo scoglio: quello dell’elezione del presidente della Repubblica. Eppure, fosse stato un leader coraggioso, avesse avuto il carattere di un vero capo, il segretario del Pd avrebbe potuto imboccare la strada che porta alla soluzione della crisi: l’unica che qualsiasi persona di buon senso e dotata di realismo avrebbe dovuto intraprendere. Non è mai esistita, se non nella testa di Bersani, la possibilità di far nascere un governo stellato, ma al contrario, se l’esploratore non le avesse scansate, ce n’erano molte che consentivano di ipotizzare un accordo tra Pd e Pdl per la guida di Palazzo Chigi. Partito democratico e Popolo della Libertà avevano e hanno su alcuni temi una visione che se non è simile ha certo parecchi punti di contatto. In primo luogo non sono ferocemente antieuropeisti o per lo meno non intendono procedere a un referendum sull’euro e dunque sono entrambi in grado di tranquillizzare i mercati e le cancellerie, anzi: la Cancelliera. In secondo, né i democratici, né i pidiellini sognano la decrescita felice, cioè un Paese che consuma di meno, produce di meno e guadagna meno, cioè vale a dire un’Italia più povera e più infelice. Terzo, ma non ultimo, nessuno dei due partiti è contrario alle opere pubbliche, ma anzi le ritiene una parte importante per rilanciare gli investimenti e per modernizzare il paese. Sulle tasse magari hanno idee distanti, in particolare su chi debba pagarne di più, ma ormai a proposito di imposte si è talmente raschiato il barile e si sono così depressi i consumi che è difficile immaginare che tra le prossime mosse dei nuovi ministri ci sia un’altra stangata.  Ovvio, su giustizia e altre faccende (conflitto d’interessi, ineleggibilità, cittadinanza agli immigrati) Berlusconi e compagni sono come cane e gatti, ma diciamo che queste non sono le questioni più urgenti che gli italiani si attendono e dunque si potrebbe anche convenire di rinviarle a data da destinarsi. Soprattutto a maggioranza stabile da ricercarsi. Tutto questo, cioè l’ipotesi di un governo di larghe intese, non è cosa facile da far digerire alla maggior parte degli elettori, di destra e sinistra. E certamente non è un miscuglio che molti parlamentari di entrambe le parti ingurgiteranno volentieri. Ma purtroppo questa è la sola sbobba che passa il convento e altro non si intravede. Dunque, il buon senso ci spinge a dire che bisogna adattarsi e cercare di farsi andar bene quello che in tempi normali non ci andrebbe bene.  Dopo essere stata troppo a lungo nelle mani di Bersani, ora la palla è in quelle di Napolitano e ci auguriamo che il capo dello Stato scelga la persona più affidabile cui consegnarla. Soprattutto ci aspettiamo che il compagno segretario si rassegni alla giubilazione e non faccia resistenza come alcune dichiarazioni del suo partito lascerebbero intuire. Accetti di essere fuori dai giochi e si astenga dal tentare di rientrarci. I ragazzini che perdono giocando a calcio e non se ne fanno una ragione, ma insistono a rimanere in campo sono i peggiori. Figuratevi i vecchi esploratori.