L'editoriale
Monti fa l'anti-italiano
di Maurizio Belpietro Non contento di averci tolto con le sue tasse ogni speranza di ripresa in tempi rapidi, Mario Monti ora vorrebbe pure toglierci il diritto di votare come ci pare. Mortificato dall’elettorato, che lo ha liquidato con meno voti di quelli che raccoglievano Fini e Casini ai tempi d’oro in cui stavano nel centrodestra, il presidente del consiglio se l’è presa direttamente con gli italiani, invocando un «accompagnamento» della Ue contro i populismi. Il senso del discorso è piuttosto chiaro: il premier considera gli elettori alla stregua di persone disabili, che hanno bisogno di un insegnante di sostegno che li guidi nella scelta del partito da cui farsi governare. Fosse per lui abolirebbe Berlusconi e il Pdl per decreto e uguale sorte riserverebbe a Grillo e al Movimento cinque stelle. Gli elettori dovrebbero essere costretti a votare non secondo coscienza, ma in base al portafogli. Possono permettersi il lusso di pagare le proprie scelte politiche? Bene, votino. Non sono in grado di saldare i debiti eventualmente accumulati da chi hanno eletto per essere amministrati? Ci dispiace ma non possono esercitare il diritto di voto: per loro decide l’Europa. Anzi, la Germania, che è il paese cui idealmente il professore si sente più vicino e che prende a modello sia per le questioni politiche che per quelle economiche. Del resto Mario Monti si sente così poco italiano e così filo tedesco da aver affidato i propri soldi direttamente alla Deutsche Bank, una delle più rappresentative istituzioni finanziarie teutoniche. La stessa che un anno fa, decidendo di vendere tutti i titoli di stato italiani, diede il via alla speculazione contro il nostro paese. In conseguenza della decisione di disinvestire gli impieghi in Bot e Btp, lo spread iniziò a salire alle stelle e il governo Berlusconi finì alle stalle nel breve giro di poche settimane. La scelta di fidarsi della Deutsche bank e delle sue strategie di investimento per la verità non si sa se abbia premiato il presidente del consiglio. Grazie alla presentazione al Senato della sua dichiarazione dei redditi accompagnata dallo stato patrimoniale, si scopre che in un anno il premier ha disinvestito dai conti della banca tedesca un pacco di quattrini, poco meno di 500 mila euro. Tutto ciò non ha fiaccato la fiducia che l’ex rettore ripone nella Germania e nella Cancelliera di ferro. Monti pensa ancora che la ricetta economica che lui ha applicato di comune intesa con Angela Merkel e con la Ue sia la migliore possibile. La sola che possa assicurare al nostro paese un radioso futuro. E’ per questo che desidererebbe togliere di mezzo una volta per tutte gli imbarazzanti partiti populisti. Senza i movimenti alla Grillo o i raggruppamenti alla Berlusconi tutto sarebbe per lui più facile e il raggiungimento di un accordo con il partito di Bersani molto più semplice. Nonostante la sconfitta, il professore non dispera un giorno di riuscire ad attuare il suo disegno. Per questo, superata la batosta, ha confidato alle persone a lui vicine di non essere intenzionato a farsi da parte. Il suo partito, “Scelta civica”, c’è e non smobilita. Semmai attende tempi migliori, che con l’aiuto della sorte potrebbero anche non rivelarsi lontani. Già, la sorte. Nelle fantasie di alcuni, e tra questi potrebbero esserci proprio lo stesso Monti e non ci sarebbe da escludere Bersani, potrebbe materializzarsi sotto forma di qualche giudice. Come è noto, Silvio Berlusconi, cioè l’uomo che tiene insieme un pacchetto di voti che sfiora il 30 per cento e in Parlamento controlla non meno di 250 onorevoli, ha qualche guaio giudiziario e finita la campagna elettorale deve affrontare tre o quattro processi. In qualche caso la condanna è imminente, in altri è già arrivata e a breve potrebbe giungere anche la conferma di secondo grado. Insomma, tempo un anno, forse meno, il Cavaliere potrebbe vedersi appioppata una sentenza definitiva, con conseguente impossibilità di sedere in Parlamento a causa di un soggiorno coatto nelle patrie galere. Perché, se la fortuna è cieca, la giustizia ci vede benissimo e anzi quando c’è di mezzo il leader del centrodestra ha una vista da aquila e non sbaglia un colpo. Dunque, dicevamo, in capo a dodici mesi, Berlusconi potrebbe essere costretto a farsi da parte, lasciando orfani i suoi seguaci e, soprattutto, i suoi scherani. Che succederà in quel caso? Che ne sarà del Pdl in Parlamento? Senza il Cavaliere sarà più facile fare scouting (coyright Bersani), cioè comprarsi gli onorevoli ( non lo fa solo il centrodestra, ma alle procure in questo caso non interessa) che servono a tenere insieme la strana maggioranza composta da Pd, Sel e Scelta civica? Ecco, il piano per uscire da una situazione di ingovernabilità del paese è questo. Non serve ora un governo stabile, ne basta uno per tirare a campare qualche mese. Perché poi - come sempre - ci pensano i pm a raddrizzare la barca. In attesa, ovviamente, che il premier e i suoi amici tedeschi l’affondino definitivamente.