L'editoriale
I Pm "votano" e Finmeccanica cola a picco
di Maurizio Belpietro Supponiamo che sia tutto vero. Che Giuseppe Orsi, presidente di Finmeccanica, abbia effettivamente oliato qualche intermediario straniero, pagando 51 milioni allo scopo di piazzare in India dodici elicotteri prodotti da una delle aziende del gruppo. Ipotizziamo dunque che quanto dice il pubblico ministero di Busto Arsizio sia provato e non una semplice ipotesi dell’accusa, come invece in realtà è fino a quando non ci sarà un pronunciamento definitivo della giustizia. A questo punto diamo per buono anche il resto del teorema della magistratura requirente e cioè che si tratti di un reato di corruzione internazionale, ma che non vi sia allo stato dei fatti alcun elemento per sostenere che questa faccenda abbia in qualche misura a che fare con la politica. Le tangenti pagate all’estero non sarebbero dunque rientrate in Italia e nessun partito ne avrebbe in alcun modo beneficiato. Dunque, a rigor di logica, l’inchiesta su Finmeccanica e sul suo presidente dovrebbe restare fuori dalla campagna elettorale, perché non vi è alcuna ragione per usarla contro questo o quel candidato, contro un partito o un altro. E allora qualcuno ci dovrebbe spiegare perché, prima ancora che scattassero le manette intorno ai polsi di Giuseppe Orsi, le intercettazioni tra il manager e Roberto Maroni, segretario della Lega in procinto di candidarsi alla guida della Lombardia, erano già di dominio pubblico. Che interesse avevano quelle conversazioni telefoniche ai fini dell’indagine? Quale ragione c’era di spifferarle ai giornali? Oh, conosciamo già l’obiezione: gli atti erano allegati a una delle richieste presentate dalla Procura perché la legge fa obbligo ai pm di allegare ogni documento, mettendolo a disposizione dei legali; perciò da quel momento le parti ne erano a conoscenza e qualcuno ha deciso di diffonderle per interessi suoi. Chissà perché, però, la quantità di documenti da inserire agli atti di un’indagine è a geometria variabile a seconda dei casi. Se è coinvolto un segretario dei Ds o qualche califfo della sinistra si applica la modica quantità, anzi, non si trascrive niente e non si allega neppure un sunto delle conversazioni. Se invece l’intercettato è il leader di un partito di centrodestra, si riportano anche i sospiri. Ricordate il caso Unipol? Allora al telefono con Giovanni Consorte fu ascoltata mezza direzione dei Ds, da Fassino a D’Alema, ma la Procura mise il segreto sulle intercettazioni, agli avvocati fu impedito di portarsi via anche gli appunti e per aver pubblicato un’anteprima di quelle allegre chiacchiere ho ancora un processo pendente. Si dirà: ma quelle telefonate non erano ancora state trascritte. Già, e perché? Come mai per alcune c’è una fretta matta di metterle nero su bianco anche se sono ininfluenti ai fini dell’indagine e per le altre no? Già che ci siamo aggiungo qualche altra riflessione: avete notato che quella bazzecola di scandalo senese che rischia di costare ai contribuenti quattro miliardi, cioè l’equivalente di quanto è costata l’Imu agli italiani, è sparito dalle prime pagine dei giornali? Lì - dove la politica c’entra per forza perché la metà dei dirigenti che hanno fatto il buco erano iscritti al Pd, nominati dal Pd e pagavano il Pd - è stato imposto il silenzio stampa. Ancora un paio di giorni e le redazioni richiameranno gli inviati, se già non lo hanno fatto. L’accorato appello del capo dello Stato in difesa degli interessi nazionali in questo caso ha fatto effetto e pure la non troppo velata minaccia dei pm di indagare i giornalisti che si occupano della faccenda per il reato di aggiottaggio. Già dalle stanze dei magistrati non usciva uno spillo, adesso immaginiamo che i misteri del Monte dei Paschi saranno custoditi meglio del segreto di Fatima. Di certo non ascolteremo le conversazioni telefoniche tra Mussari e qualche onorevole. Anzi: ma qualcuno le avrà disposte queste intercettazioni? Forse no. In fondo qui siamo in presenza solo di una truffa di qualche miliardo, non di una stecca di milioni, pagata per oliare una vendita di elicotteri a vantaggio di una grande azienda italiana. Due pesi e due misure? No, soltanto due Procure e due partiti. Ciò detto, dall’India si viene a sapere che il governo locale, dopo la notizia dell’arresto di Giuseppe Orsi, avrebbe intenzione di rompere il contratto con Finmeccanica, con quanto ne consegue per la nostra multinazionale ad alta tecnologia. Dal Quirinale niente da dire a proposito di interessi nazionali da difendere? PS. Pochi lo ricordano, ma l’inchiesta su Finmeccanica nasce nel maggio di tre anni fa, quando la Procura di Roma s’interessa al gruppo ipotizzando l’esistenza di fondi neri. Nel mirino finisce l’allora presidente Pier Francesco Guarguaglini, che a causa dell’indagine prima verrà affiancato da Giuseppe Orsi e poi costretto alle dimissioni. Ma un mese fa, nel completo disinteresse della grande stampa, il Gip ha archiviato ogni accusa contro di lui: dei fondi neri non hanno trovato traccia. Dei danni alla reputazione di un manager e di un’azienda invece sì.