L'editoriale
Partita di giro o presa in giro?
Con l'intervista uscita sul Corriere della Sera nel giorno di Pasqua, probabilmente il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan voleva tranquillizzare gli italiani. Nelle intenzioni le sue parole dovevano dare sostegno alle decisioni del premier, fornendo una garanzia che il bonus Irpef per i redditi medio bassi non sarebbe stato una tantum, ma per sempre, come lo spot dei diamanti. In realtà le risposte dell'ex direttore dell'Ocse sono suonate come una conferma delle preoccupazioni avanzate dall'opposizione e dalla maggior parte dei commentatori, tra i quali ci mettiamo pure noi. Lungi dal fugare i dubbi, l'intervista del numero uno del dicastero di via XX Settembre ha infatti confermato almeno tre cose, tutte quante poco rassicuranti. Cominciamo dalla prima e cioè dalla conferma che i provvedimenti varati dal consiglio dei ministri il venerdì di passione non hanno coperture precise. Pier Carlo Padoan nel colloquio con il giornalista del Corriere della Sera conferma che le risorse necessarie a finanziare il bonus arriveranno dai tagli alla spesa pubblica, tagli che però allo stato dei fatti non sono ancora compiuti, ma dovranno essere decisi in seguito. Non a caso il responsabile dei nostri conti pubblici aggiunge che il governo è fiducioso di poter ottenere i risparmi attesi. Come dire: io speriamo che me la cavo. In pratica, non esiste alcuna certezza sul contenimento della spesa ma solo un indirizzo dell'esecutivo, ovvero una legittima aspettativa di Palazzo Chigi. E se i 4,5 miliardi attesi con la spending review non dovessero arrivare, si domanda preoccupato il collega del quotidiano di via Solferino? La risposta del ministro su questo punto non si è fatta attendere e non si può certo dire che sia stata reticente. Padoan infatti ha spiegato che esistono le clausole di salvaguardia e questo significa che se i ministeri e le Regioni non raggiungeranno gli obiettivi indicati dal consiglio dei ministri scatteranno i tagli lineari, cioè la famosa ghigliottina spessa rimproverata a Giulio Tremonti. I servizi, anche quelli scolastici e sanitari, avranno meno risorse a disposizione e dunque o si rinuncia qualcosa o il contribuente è costretto a pagare di tasca propria ciò che prima riceveva gratis. Non è tutto: se non i tagli lineari non bastassero a raggiungere la cifra impegnata con il bonus, alla fine il governo ricorrerebbe ad altre imposte. Parola del ministro. Tradotte in un linguaggio corrente, le frasi dell'uomo dei conti non lasciano spazio ad equivoci, ma significano una sola cosa: con le 80 euro spenderemo ciò che non abbiamo ma che speriamo di avere, tuttavia nel caso non riuscissimo a racimolare i fondi necessari a coprire la spesa, faremo dei tagli senza guardare in faccia a nessuno e se sarà necessario aumenteremo le tasse. Già questo basta e avanza per gettare una luce inquietante sull'operazione fiducia lanciata venerdì scorso dal premier, ma se si aggiunge un altro elemento riguardante il quadro internazionale le tinte fosche aumentano. Pier Carlo Padoan da economista che conosce bene i cicli di mercato, nell'intervista al Corriere sprona l'esecutivo a fare in fretta, perché la situazione dell'economia mondiale potrebbe cambiare in tempi rapidissimi. Se altri paesi si fermano, se la politica dei tassi bassi si interrompe, se la relativa tranquillità degli investimenti va a pallino, l'Italia secondo il ministro dell'Economia potrebbe trovarsi di nuovo nel bel mezzo di una bufera e allora sarebbero guai per tutti. Dobbiamo fare le riforme prima possibile, dice Padoan, perché la finestra favorevole potrebbe chiudersi presto. La chiacchierata pasquale naturalmente è condita con tanti buoni propositi, come ad esempio la volontà di trovare una soluzione per chi il bonus Irpef non lo riceverà, ossia gli incapienti ( cioè chi guadagna meno di 8 mila euro l'anno), i pensionati e le partite Iva. Ma su tutte le belle parole emergono l'incertezza sulle coperture e la certezza che se gli 80 euro saranno una tantum non serviranno a nulla, perché la gente non sarà affatto rassicurata sul futuro dell'economia e non tornerà a far crescere la domanda interna di consumi. Se a questa considerazione si aggiunge poi - come riconosce lo stesso Padoan - che l'anno prossimo i tagli per finanziare lo sgravio dovranno raddoppiare, c'è dunque poco da stare allegri. Anzi: c'è da chiedersi se gli 80 euro in busta paga non siano un boomerang, che invece di ridare fiducia ci faranno diventare tutti un po' più poveri. Altro che gufi. Dopo l'intervista del ministro ci domandiamo se i gufi non siano stati troppo ottimisti. Ps. Sempre il giorno di Pasqua il Sole 24 ore segnalava che mentre con una mano il governo tagliava del 10 per cento l'Irap, dall'altra si riprendeva lo sgravio anticipando le tasse sulla rivalutazione dei beni d'impresa. Ciò che prima le aziende pagavano in tre anni ora dovranno versarlo in uno solo, ossia nel 2014. Insomma, la riduzione dell'Irap si trasforma in una partita di giro. Anzi: in una presa in giro. di Maurizio Belpietro maurizio.belpietro@liberoquotidiano.it @BelpietroTweet