Editoriale
Anche la Ue certifica il falliMonti
di Maurizio Belpietro Tra poco più di una settimana il governo Monti compirà un anno di vita, però quello del 16 novembre non sarà un compleanno da festeggiare con brindisi e allegria, ma piuttosto da celebrare con mestizia. Infatti, checché ne dica la stampa amica e nonostante la tranquillità ostentata in ogni occasione pubblica dal presidente del Consiglio, la realtà è che stiamo peggio di prima. In dodici mesi non c’è un dato che sia migliorato, ma al contrario la gran parte è peggiorata. E a sostenerlo non siamo noi, che nei confronti dell’attuale esecutivo siamo stati critici fin dagli esordi, non condividendo la politica di inasprimento fiscale a carico dei contribuenti onesti. A dirlo è la stessa Unione europea, ossia quegli alti papaveri di Bruxelles che hanno sempre fatto il tifo per l’ex rettore della Bocconi, al punto d’averlo imposto con una specie di colpo di mano sulla sedia che fu di Silvio Berlusconi. Ma cosa asseriscono ora gli euro burocrati? Che il nostro Paese è in profonda recessione, dalla quale non si sa quando uscirà e che la disoccupazione, nonostante abbia già raggiunto i picchi massimi degli ultimi vent’anni, continuerà a salire fino al 2014. I dati fanno parte delle previsioni d’autunno della Commissione europea e a leggerli uno in fila all’altro danno la misura del fallimento dei tecnici. Ai quali è riuscita con successo una sola operazione: quella di far parlare bene di se stessi. La buona stampa riserva ai professori sperticate lodi, bevendosi qualsiasi cosa questi dicano. Perfino l’annuncio che la pubblica amministrazione salderà i suoi debiti in trenta giorni, massimo due mesi, è stato preso per oro colato. Non importa che l’obbligo di pagare sia già fissato per legge fino dal 2002 e che lo Stato non paghi non per cattiva volontà degli impiegati pubblici, ma in quanto le casse sono vuote. Ciò che conta è far credere che adesso, grazie a quei brav’uomini dei professori, tutto è sistemato e fila liscio come l’olio, debito compreso. Tuttavia, a dispetto del battage promozionale di cui gode l’attuale governo, il bollettino di guerra diffuso dall’Unione europea lascia poche speranze. In maggio la commissione aveva previsto per il prossimo anno un aumento del Pil dello 0,4 per cento, in realtà ora, messe da parte le speranze, certifica che nel 2013 ci sarà una riduzione dello 0,5. L’economia insomma non ripartirà neppure nei prossimi dodici mesi. A dicembre chiuderemo i conti con un rapporto tra debito e prodotto interno lordo che sfiorerà il 3 per cento, e nel prossimo anno, nonostante le manovre e l’impegno a pareggiare il bilancio, si assesterà al due per cento. I dati sulla disoccupazione sono ancora più disastrosi: dal 10,6 per cento di quest’anno (per la prima volta si è raggiunta una percentuale a due cifre) si passerà all’11,5 nel 2013 e quasi al 12 nel 2014. La gragnola di brutti colpi destinata ad abbattersi sull’Italia non è finita. Bruxelles stima che il debito pubblico raggiungerà l’anno prossimo il picco massimo, con un rapporto sul Pil del 127,6 per cento. Per consolarci possiamo dire che non siamo i soli ad andare male e che nel suo complesso è sull’intera area euro che si addensano previsioni nerissime. Ma la consolazione, a quanto pare, non basterà a salvarci dalla manovra prossima ventura che i contribuenti dovranno sopportare. Avendo fatto cilecca con la prima, è quasi certo che il governo Monti dovrà riprovarci con una seconda, la quale si sommerà alla «manovrina» fatta passare con la legge di stabilità come una riduzione delle aliquote Irpef, quando al contrario si è trattato di un inasprimento dell’Iva e una cancellazione delle detrazioni fiscali con effetto retroattivo. Non è ancora chiaro quando la prossima stangata giungerà, ma il fatto che sia destinata ad arrivare non è in discussione. Anche perché, dopo l’iniziale entusiasmo per Frigidaire Monti, adesso a Bruxelles cominciano a dare leggeri segnali di nervosismo. Messe da parte le frasi ossequiose, il vicepresidente della Ue Olli Rehn, commentando le previsioni di autunno, ha detto che il rallentamento del piano di riduzione del debito pubblico italiano rispetto a quanto previsto nel programma di stabilità dello scorso aprile è fonte di preoccupazione. Sarà per questo che gli analisti delle varie case d’investimento, anche di quelle più prudenti, ora cominciano a scrivere che nei prossimi mesi l’Italia sarà costretta a chiedere gli aiuti europei. Sta di fatto che alla storia della medicina amara ma necessaria iniziano a crederci in pochi. È passato un anno da quando ci hanno chiesto sacrifici in nome del bene supremo e ora ce ne chiederanno altri per riparare al male fatto nell’interesse supremo. Cosa serve ancora per capire che non è il corpo che non reagisce come si vorrebbe, ma è la cura ad essere sbagliata? E quanti altri compleanni ci costringeranno a festeggiare come se fossimo ad un funerale?