Editoriale

Occhio che qui ci ritroviamo Grillo premier

Lucia Esposito

di Maurizio Belpietro Mentre Bersani e Renzi si scannano convinti che tocchi a loro guidare il Paese, c’è chi se la ride.  Non si tratta dell’avversario storico della sinistra, vale a dire Berlusconi: tra il processo a Ruby e gli scandali delle Regioni anche il Cavaliere ha le sue grane. Al contrario, chi gode è Beppe Grillo, il quale giorno dopo giorno vede aumentare le intenzioni di voto a favore del suo movimento. L’ultimo sondaggio lo dà addirittura al 21 per cento, sette punti sopra il Popolo della Libertà e sette sotto al Partito democratico. Si tratta come è noto di statistiche, che devono trovare conferma nell’urna: non sempre ciò che viene dichiarato ai sondaggisti poi si tramuta in realtà, anche perché la quota di indecisi è talmente elevata che da qui alla primavera tutto può ancora cambiare. Ciononostante se i rubagalline che siedono in Parlamento e negli enti locali non si danno una mossa, oltre che una ripulita, non è da escludere che alle prossime elezioni non ci sia anche una sorpresa. A forza di crescere, Grillo potrebbe vincere e allora sì che sarebbero guai. Per la Casta innanzi tutto, che si vedrebbe seduta stante mandata a casa. Ma anche per gli italiani, i quali si vedrebbero in breve presentato il conto del loro voto. È bello infatti licenziare su due piedi deputati e senatori che sono sulla scena da decenni, ma poi chi lo guida il Paese? Grillo? Oppure qualche bravo ragazzo di buone speranze? Lungi da me l’intenzione di difendere la categoria degli onorevoli: quello che è accaduto negli ultimi mesi credo legittimi a pensare che chiunque sarebbe meglio al posto di chi ci sta ora. Il che,  al punto di vista della moralità, è senz’altro vero. Ma basta essere onesti per guidare un Paese?  È vero, nel movimento Cinque stelle militano giovani dalla faccia pulita che fanno alla svelta a scalzare i pendagli da forca che si presentano sotto le sigle tradizionali. Tuttavia, come si è visto a Parma, se vincere è facile, governare è altra cosa. Federico Pizzarotti è riuscito a sconfiggere i candidati del Pd e del Pdl, ma quando si è trattato di formare la giunta è rimasto al palo e ora che ha nominato tutti gli assessori non è che le cose vadano tanto meglio. Un gruppo di brave persone che non sa guidare un comune con meno di 200 mila abitanti cosa farebbe se si trovasse a governare 60 milioni di persone? I giornali si chiedono che cosa farebbe Matteo Renzi se fosse premier e dovesse incontrare Angela Merkel. E se a dover trattare con la Cancelliera fosse un uomo come il sindaco di Parma? Che succederebbe? A qualcuno l’ipotesi parrà forse un po’ peregrina, ma fossi in lui io non farei spallucce, perché il rischio di vedere un grillino a Palazzo Chigi è dietro l’angolo, più vicino di quanto si creda. Basterebbe infatti che una parte dei voti del centrodestra congelati oggi nell’indecisione rifluisse domani verso il movimento Cinque stelle e Grillo potrebbe diventare il guru del nuovo governo. Ve lo immaginate? Io ci ho provato e mi sono venuti i brividi. Non perché il comico mi faccia paura, ma perché mi fa paura il caos che ne deriverebbe. Più che un governo avremmo un’assemblea permanente, perché l’idea di democrazia dal basso prevede che ogni legge sia messa online tre mesi prima dell’approvazione, in modo da recepire le osservazioni dei cittadini. Già il nostro Parlamento è impossibilitato ad approvare leggi in tempi rapidi per eccesso di verbosità dei nostri onorevoli, figuratevi se prima di affrontare la discussione in Aula dovessero passare cento giorni per consentire a chiunque lo desideri di dire la sua. Certo, sarebbe un governo molto ecologista, che andrebbe in bicicletta e imporrebbe piste ciclabili ovunque, con gran risparmio di auto blu. Non si sa se questo farebbe bene al Pil, al lavoro, alla mobilità e alla comunicazione, ma di certo i suoi programmi sarebbero molto trendy, così come lo erano quelli di Obama, il quale promise di creare con il verde milioni di nuovi occupati, ma alla fine ha creato solo molti nuovi disoccupati. Probabilmente, senza Tav, senza parcheggi, con lo sminuzzamento delle proprietà azionarie per consentire l’azionariato democratico, l’Italia subirebbe il colpo definitivo, quello che la farebbe precipitare negli ultimi posti della classifica delle economie mondiali. Dai disonesti agli onesti, passando per un fallimento, tutto nell’arco di poco tempo. Ora, il mio potrà anche sembrare pessimismo, ma di questo passo c’è poco da stare allegri. Mentre a sinistra litigano sulle Cayman e a destra su chi debba essere l’erede del Caimano, qui rischiamo di essere stesi  da un Grillo. Speriamo che  qualcuno si svegli. Renato Mannheimer dice di avere la fila di gente pronta a candidarsi e fare un partito. Imprenditori, gente di successo o semplici sconosciuti: auguriamoci che non abbiano troppi Grilli per la testa.   maurizio.belpietro@liberoquotidiano.it