L'editoriale

Berlusconi ha un asso nella manica

Andrea Tempestini

  Che cosa vuol fare Berlusconi? Ormai se lo chiedono tutti e tutti pensano di avere la risposta giusta. C'è chi sostiene che il Cavaliere abbia poca voglia di presentarsi candidato del Pdl e dunque resti taciturno in attesa degli eventi. C'è chi lo dipinge come un sciur Tentenna, che un giorno è pronto a candidarsi e un altro a ritirarsi. C'è chi si dice certo dell'esistenza di un accordo segreto tra lui e Monti per far restare quest'ultimo a Palazzo Chigi. In realtà nessuno sa niente e ognuno racconta quello che gli piacerebbe accadesse. Così come capitò nel 2006, quando il centrodestra fu sconfitto da Prodi, molti pidiellini sognano l'addio di Berlusconi, sperando nell'apertura di nuovi giochi che consentano a loro di accasarsi altrove. All'epoca il partito del ritiro era rappresentato da Casini e Fini, i quali erano pronti a spartirsi le spoglie di Forza Italia. Oggi a desiderare che il Cavaliere getti la spugna sono molti tra quelli che in pubblico gli manifestano devozione. Ma lasciando perdere le chiacchiere, gli intrighi e i fratelli coltelli, vediamo di capire che cosa davvero abbia in testa l'uomo che per quasi vent'anni è stato il motore del centrodestra. Ieri Berlusconi ha detto di non avere ancora deciso se candidarsi  e di essere in attesa della nuova legge elettorale. Il sistema con cui si andrà a votare è sicuramente un elemento importante per valutare se candidarsi o meno. Un premio di maggioranza o una soglia di sbarramento alta per arginare i piccoli partiti possono cambiare lo scenario, consentendo una vittoria o aprendo la strada a una sconfitta. Il Cavaliere insomma nega di essere il bell'addormentato: se sta zitto è solo perché manca la cosa più importante, ossia la regola del gioco. Come si fa a stabilire di correre quando non si sa né dove sia il traguardo né se sia una corsa in piano o una a ostacoli? Insomma, Berlusconi prima di decidere di scendere in campo o di restare in panchina vuole calcolare ogni cosa. Di concludere la carriera con una sconfitta non ha alcuna voglia e sapendo che per questo è l'ultimo giro di boa non vuole commettere errori. Tuttavia, in attesa della legge elettorale non è che il Cavaliere non si muova o, per meglio dire, non è che non si sia fatto delle idee precise su quel che si potrebbe fare per evitare che il Paese finisca in mano a Vendola e Bersani. Il suo chiodo fisso rimane infatti la sinistra o, come li continua a chiamare, i comunisti. Berlusconi non li vuole a Palazzo Chigi, convinto che se ora l'Italia va male, con loro al governo non potrebbe che andare peggio. Oggi non sono più i tempi di Prodi, quando con l'economia in crescita i danni dell'armata rossa potevano essere riparati. Ora basterebbe niente per mandare in bancarotta il paese. Dunque i progressisti con le loro strampalate teorie economiche sarebbe meglio rimandarli dove stavano fino a un anno fa, vale a dire all'opposizione. Si dà il caso però che ad oggi Vendola e Bersani, eventualmente aiutati da Casini, siano accreditati della vittoria. Se si andasse a votare oggi tra Pdl e Pd non ci sarebbe partita: vincerebbe il secondo. Ma per impedire che ciò accada secondo il leader del centrodestra non c'è che una strada. Ripetere quello che accadde nel 1994, quando gli riuscì di mettere insieme ciò che sembrava impossibile fare stare unito, ossia il Msi e la Lega, il partito nazionalista e quello secessionista. Il Cavaliere sa che il Pdl da solo non potrebbe mai farcela e dunque si prepara a stringere un patto con tutti quelli che sono alternativi alla sinistra. Qualcuno potrebbe obiettare che il fronte antiprogressisti è attualmente sguarnito. Oltre alla Destra di Storace e alla Lega di Maroni ci sono solo briciole. Vero. Allo stato attuale è così e mentre l'ex governatore del Lazio potrebbe allearsi con il Pdl, non è detto che l'ex ministro degli Interni ci stia. Tuttavia Berlusconi non pensa solo agli orfani del Msi e a quelli del Carroccio. In testa ha soprattutto i partiti che potrebbero affacciarsi alle prossime elezioni, a cominciare da quello di Montezemolo per finire con altri che potrebbero nascere nei prossimi mesi. Con nuovi soggetti in campo, la vittoria che oggi sembra impossibile, potrebbe diventare probabile. Certo, resta da vedere se il nuovo che avanza ha voglia di legare i propri destini a un signore che domina la scena politica da quasi vent'anni, ma come è noto il Cavaliere è un uomo dalle mille sorprese e più volte ha dimostrato di saper riaprire i giochi quando questi sembravano già chiusi. Dunque, fossimo in Bersani e nei suoi compagni, non escluderemmo nulla: anche un colpo di teatro di Berlusconi. Il quale potrebbe si candidarsi, magari per poi lasciare Palazzo Chigi a un altro. A patto naturalmente che non sia di sinistra. Insomma, la gioiosa macchina da guerra del Pd canta vittoria, ma come nel 1994 farebbe meglio a guardarsi le spalle. Il sorpasso è sempre possibile. di Maurizio Belpietro