L'editoriale
Finirà male per chi tifa Monti
Nel nostro paese convivono due Italie. La prima è quella della classe dirigente, tutta intenta ai propri traffici e ai propri riti. La seconda è quella della gente normale, la quale occupa il proprio tempo a cercare di sopravvivere ai danni fatti dalla prima. Le due Italie non si parlano. La prima non si occupa della seconda e quando dice di farlo finge, in quanto è del tutto indifferente agli effetti che producono le sue decisioni sulla vita della gente normale. La seconda sa dell’esistenza della prima, anzi è essa stessa ad averle affidato la guida del paese, ma pur avendo il potere di farlo è incapace di licenziarla. Due esistenze parallele che un meccanismo insondabile costringe alla convivenza. Non può che essere questa la ragione di quanto accade in Italia. Non può che essere questo il motivo per cui, nonostante ogni giorno che passa sia peggio del precedente, l’Italia che produce, lavora e patisce la fame, non si sia ancora decisa a dire la parola fine agli esperimenti fatti dalla classe dirigente sul corpo vivo del paese. Ieri sono state diffuse due notizie che dimostrano quanto stiamo sostenendo. La prima riguarda il gradimento del premier. Secondo un sondaggio di Repubblica il consenso di cui gode Mario Monti a distanza di poco meno di un anno dal suo insediamento sarebbe ancora elevato. Il presidente del consiglio sarebbe gradito dal 55 per cento degli italiani, i quali lo preferiscono ai vari Bersani e Renzi, ma perfino allo stesso Montezemolo. Come se dopo mesi di propaganda, gli elettori si fossero convinti che il capo di questo governo fosse una medicina amara ma necessaria. Quasi se ritenessero che senza di lui le cose potrebbero solo andare peggio. Attenzione: il 55 per cento non significa che gli italiani amino Monti. Lo sopportano o, meglio, sono rassegnati alla sua permanenza come ci si rassegna a salire su una scialuppa di salvataggio quando il mare è in tempesta e la nave sta colando a picco. Lo dimostra il fatto che nessuno dei ministri del suo governo viene promosso dal sondaggio, segno evidente che la gente alla fine si rende conto che l’Italia con l’esecutivo tecnico non naviga, al massimo galleggia. La seconda notizia è data invece dalle rilevazioni dell’Istat. Come si sa, l’istituto periodicamente registra i dati macroeconomici del nostro paese e gli ultimi non sono affatto buoni. Il Prodotto interno lordo, nonostante fosse previsto in calo, è sceso più di quanto si pensasse, arrivando a meno 2,6 per cento. Mentre i consumi delle famiglie si sono ridotti del 3,5 per cento. In poche parole, ciò significa che la gente spende meno e se spende meno i negozianti vendono meno e dunque le aziende producono meno. Risultato: fatturiamo di meno e abbiamo meno soldi per ripagare i nostri debiti. L’Italia si sta insomma avvitando su se stessa, in una recessione che rischia di sprofondarla nella depressione. La ricetta economica dei supertecnici capitanati da Mario Monti invece di far crescere il paese lo sta ridimensionando giorno dopo giorno. Le tasse, il rigore, la caccia agli evasori, l’obbedienza cieca a Frau Merkel, non hanno prodotto un euro di riduzione del debito o un euro di Pil in più, ma al contrario hanno fatto salire il primo e ridotto il secondo. Nonostante sia evidente il fallimento dei professori e malgrado i devastanti effetti provocati dalle loro misure, la classe dirigente del paese sembra però intenzionata a farsene un baffo e pur di salvare se stessa, pur di rimanere in sella nonostante la conclamata incapacità di guidare il paese, pare voler affidare a Monti un altro mandato. Abbiamo già commentato le manovre in atto per conservare il premier a Palazzo Chigi anche dopo il 2013. Sebbene il bocconiano prestato alla politica neghi di fronte ai giornalisti, tutto è predisposto per una sua riconferma. I banchieri, la grande industria e la grande finanza, una parte del parlamento e lo stesso Quirinale sono favorevoli a questa soluzione e stanno lavorando affinché si concretizzi. È per questo che quotidianamente giornali e tv sostengono la causa del professore. Accreditarlo come il salvatore indispensabile, l’unto dalla Merkel e dai mercati, lo accredita come una cura obbligata, non piacevole ma indispensabile, l’unica scialuppa di salvataggio possibile. Eppure, nonostante i giochi e le strategie di chi guida il paese, prima o poi le due Italie saranno costrette a confrontarsi. Quando la seconda non sarà più in grado di sopportare le sofferenze provocate dalla prima, quando gli imprenditori che avranno chiuso i battenti a causa delle tasse saranno troppi e i disoccupati molti di più, le due vite parallele si incroceranno. E allora noi non vorremmo essere nei panni della classe dirigente che ha continuato a giocare con i soldi e le speranze degli italiani sbagliando tutto. Però, nell’interesse del paese, vorremmo che l’incontro avvenisse presto. di Maurizio Belpietro