L'editoriale
Per carità, non fate la carità
Quali sono i problemi più urgenti di questo Paese? Fino a ieri avremmo risposto che tra le priorità ci sono il debito pubblico, la disoccupazione, il Pil che non cresce. Ma ora qualche dubbio ci è venuto. Soprattutto dopo aver appreso che il ministro Andrea Riccardi intende farsi paladino di un decreto che regolarizzi altri immigrati. Il responsabile della cooperazione internazionale a quanto pare vorrebbe introdurre una nuova legge, che in caso di sfruttamento garantirebbe all’extracomunitario il diritto alla concessione del permesso di soggiorno. La norma sarebbe sollecitata da una direttiva europea e l’esponente della Comunità di Sant’Egidio promosso al rango ministeriale si è subito attivato per renderla esecutiva. In linea di principio il provvedimento è sacrosanto, perché a nessuno, italiano o extracomunitario che sia, deve essere consentito di sfruttare qualcun altro, facendo lavorare le persone senza un adeguato salario. Tuttavia la misura che è stata messa a punto dal Consiglio dei ministri più che una legge di tutela di diritti irrinunciabili rischia di trasformarsi in un trucco che consentirà a moltissimi clandestini di regolarizzare il proprio soggiorno in Italia. Oggi infatti sono molti gli stranieri che lavorano in nero presso fratelli, cugini o anche solo conoscenti. Persone che come loro sono arrivate da Paesi lontani e che in breve e con grandi sacrifici hanno dato vita ad una attività e che, appena annusata l’aria che tira in Italia, hanno chiamato i propri parenti. Se uno di questi, d’accordo con il fratello, cugino o conoscente, dirà di essere sfruttato, che succederà? Sarà immediatamente regolarizzato? Ogni immigrato avrà dunque la possibilità di sistemare le persone che ha invitato a raggiungerlo, così come anni fa molti extracomunitari approfittavano della legge che esigeva l’esistenza di una specie di garante per ottenere il permesso di soggiorno per i propri congiunti? Il flusso potrebbe a questo punto essere infinito e generare ogni anno nuovi sbarchi. Le norme contro i soprusi diventeranno dunque il grimaldello per far sbarcare altre persone dai luoghi più poveri e affamati del globo? La risposta probabilmente è sì, almeno a sentire quanto dice Gaetano Quagliariello, vicepresidente al Senato del Popolo della libertà. L’esponente di centrodestra ha studiato il fenomeno e da quanto si capisce ha ascoltato anche un certo numero di esperti. Risultato, dalle sue stime in Italia rischiano di arrivare tra breve circa 800 mila immigrati. Mettiamo anche che l’onorevole esageri per farsi un po’ di pubblicità in vista delle elezioni del prossimo anno, oppure che abbia clamorosamente sbagliato i conti. Stimiamo dunque che a sbarcare sia solo un quarto delle persone indicate dall’uomo del Pdl. Ad ogni buon conto si tratterebbe pur sempre di 200 mila persone e siamo davvero al minimo. Duecentomila giovani (gli immigrati sono quasi sempre di età compresa fra i venti e i trent’anni) che hanno fame, sete e sono disperati perché devono mantenere una numerosa famiglia che è rimasta nel proprio Paese d’origine. Naturalmente, sentendo le singole storie di ognuna di queste persone verrebbe voglia di aiutarle. Ma come reagirà un Paese in crisi, che ha già tanti disoccupati e tante famiglie che rasentano la soglia di povertà, all’inserimento di un paio di centinaia di migliaia di disperati? Siamo sicuri che la coesione sociale sopporterà la crisi, la riduzione del salario, l’introduzione di una serie di elementi di precarietà nei rapporti di lavoro, e poi anche l’arrivo di tante persone pronte a lavorare a qualsiasi ora e per qualsiasi salario pur di sbarcare il lunario? Siamo cioè certi che dopo le ondate migratorie degli scorsi anni il nostro Paese sia in grado di reggerne un’altra proprio nell’ora in cui alcune certezze e un sistema di sicurezza sociale si appresta ad esser smontato? Ciò che intendo dire è semplice e riguarda la tenuta delle fasce più deboli e più sottoposte alle pressioni della crisi economica: oggi il numero di disoccupati è ai massimi degli ultimi trent’anni e inserire un elemento che complichi la situazione non è la scelta più intelligente, soprattutto ora che il sistema di protezione sociale sta venendo meno. Io non conosco il ministro Riccardi, ma persone che hanno avuto modo di incontrarlo mi dicono che è una persona per bene animata dalla migliori intenzioni. La qual cosa mi fa piacere. Però non vorrei che l’eccesso di buonismo producesse qualche guaio. Fare il missionario è una cosa, fare il ministro un’altra. Certo, sarebbe bello domani mattina regalare un lavoro a tutti, cosicché ognuno possa vivere in buone condizioni. Ma se il lavoro non c’è è inutile promettere. Così come è inutile o forse dannoso illudere le persone. Dunque, allo scopo di evitare una guerra tra poveri, cioè tra italiani che hanno perso il lavoro ed extracomunitari che lo cercano, al ministro della cooperazione suggerirei di lasciare perdere. Meglio dedicarsi in altro modo alle opere di bene, perché quella che hanno in mente lui e i suoi ministri rischia di fare solo del male. A lui, ma soprattutto a un Paese in difficoltà che domani, anche a causa dell’immigrazione, rischia di svegliarsi un po’ meno buono e, soprattutto, un po’ meno tollerante. Chi è troppo buono, a volte peggio stringe. Per carità, lasci perdere la carità. di Maurizio Belpietro