L'editoriale
Iva, fermate quella tassao chiude l'Italia
Pare che Mario Monti soffra assai le critiche che gli rivolge Libero. In più di un’occasione il presidente del Consiglio si sarebbe lamentato con gli interlocutori che, a torto, avrebbe giudicato in grado di influire sulle nostre scelte. A infastidirlo in particolare sarebbero gli sfottò che riserviamo alla linea di politica economica del suo governo e le vignette del nostro Benny, che lo ritraggono in maniera impietosa in ginocchio di fronte alla Cancelliera di ferro. Dunque, stando così le cose, non credo che il professore presterà orecchio a quanto sto per scrivergli. Anzi è probabile che la mia lettera passi direttamente dall’ufficio posta di Palazzo Chigi al cestino della carta straccia. Tuttavia, se il premier non ha intenzione di dare ascolto al sottoscritto, ritenendolo non degno di rivolgergli la parola, e se identica sorte sarebbe riservata ai colleghi di Libero che intendessero appellarsi a lui per sollecitarne l’intervento, mi permetta per lo meno di dare voce ai rappresentanti delle più importanti categorie economiche di questo Paese, a cominciare da quella a contatto con le famiglie, ovvero i negozianti. Ieri, il presidente di Confcommercio, l’associazione che raggruppa 700 mila imprese del settore, nella sua assemblea annuale si è rivolto al capo del governo scongiurandolo di evitare l’inasprimento dell’Iva nella seconda metà dell’anno. Carlo Sangalli, citando l’andamento dei consumi e paragonandolo al passato, ha spiegato che siamo tornati indietro di 14 anni: era infatti dal 1998 che i volumi d’affari non scendevano così in basso. Segno evidente che le persone non spendono, perché hanno meno soldi o per paura del futuro. Se a un andamento così negativo, per fare cassa, si dovesse aggiungere un aumento dell’imposta sul valore aggiunto, secondo il numero uno dei commercianti sarebbe una Caporetto per imprese e famiglie. In tre anni perderemmo un fatturato di 38 miliardi, che tradotto in tasse sarebbe una bella cifra per il bilancio dello Stato. Ora non so da dove Sangalli abbia attinto simili cifre: immagino dall’ufficio studi della sua associazione. Facciamoci pure la tara, immaginando che il centro di elaborazione dati abbia un po’ esagerato per richiamare l’attenzione sui pericoli di un calo della domanda interna. Sta di fatto che sempre di parecchi miliardi di consumi si tratta, e dunque di tasse che verrebbero a mancare. Per giunta in un momento in cui di fatturato – o per meglio dire prodotto interno lordo – c’è un gran bisogno, pena un peggioramento del famoso rapporto debito-Pil, quello cui guardano gli investitori e gli analisti quando devono classificare i nostri titoli di Stato. Se il debito sale e il Pil scende, l’indice aumenta e con esso anche i tassi di interesse che l’Italia deve pagare per convincere le istituzioni finanziarie e i risparmiatori a comprarsi Bot, Cct e Btp. Insomma, l’aumento dell’Iva peggiorerebbe la situazione: parola di commercianti, imprenditori, associazioni varie, che interpellati da Libero (i nomi li trovate nelle pagine interne e tra di essi vi sono grossi calibri dell’economia) si associano alle parole del presidente Sangalli. Se sale l’imposta sul valore aggiunto, scendono i consumi e per noi sono guai. Del resto, che le cose stiano così, lo dimostra quanto successo con le accise sulla benzina. Alla ricerca di un po’ di soldi, Monti appena arrivato a Palazzo Chigi ha ritoccato il prelievo su super e gasolio. Risultato: le pompe di benzina hanno visto scendere immediatamente i consumi e le entrate nonostante l’inasprimento fiscale sono rimaste invariate. Lo Stato cioè non ci ha guadagnato un bel niente, ma i benzinai in compenso ci hanno perso. Dando voce agli operatori economici, commercianti e imprenditori, il nostro intento è quello di evitare che si ripeta dunque l’errore compiuto con i carburanti. Non è aumentando le tasse che si risanano i conti, semmai lo scopo lo si raggiunge diminuendole. Dunque caro Monti, a nome delle categorie economiche la scongiuriamo: non alzi l’Iva, piuttosto alzi un po’ l’asticella del buon senso. In cambio, io e i colleghi di Libero, Benny compreso, le promettiamo un occhio di riguardo: invece di una vignetta in cui lei è sdraiato a pelle di leopardo di fronte alla Merkel, la ritrarremo in piedi, a petto in fuori, magari mentre con la voce fievole che la contraddistingue grida: «Forza Italia». Senza nessuna allusione al Cavaliere, s’intende. Non dia retta a me caro presidente, ma ai rappresentanti del mondo dell’impresa: vedrà che non se ne pentirà. E, se non le costa troppo, mi saluti la Cancelliera che l’Europa tutta vuole cancellare il più in fretta possibile. di Maurizio Belpietro