Il premier ci è o ci fa? Con lui debito pubblico record
Il governo tecnico dietro alla lavagna. L'esecutivo che l'Europa e la finanza ci hanno imposto per portare l'Italia fuori dal pantano della crisi economica viene inchiodato da tutti i principali indicatori statistici. Mario Monti stringe le mani a leader europei che s'inchinano al cospetto del presunto salvatore della patria, viene celebrato dalla stampa nostrana e non, raccoglie consensi e complimenti a tutte le latitudini, viene proposto ai vertici delle più alte istituzioni continentali. Un plebiscito. Eppure, oltre alle parole e alle pacche sulle spalle, ci sarebbero anche i numeri, che dicono che il Professore e la sua squadra tecnica sono stati bocciati in economia. I dati sul Pil, su debito pubblico, occupazione (e anche quelli sullo spread) lo condannano. Debito pubblico - La cifra più fresca è quella relativa al debito pubblico. Poche ore fa il verdetto di Bankitalia, che nel supplemento al bollettino statistico di finanza pubblica ha sottolineato come il debito pubblico sia salito di 37,9 miliardi rispetto al mese precedente. Ritoccato il record: il debito registrato a gennaio è pari a 1.935,8 miliardi. Via Nazionale spiega come l'incremento del debito rifletta principalmente l'accumulo delle disponibilità del Tesoro presso Bankitalia, pari a 32,6 miliardi, che sono aumentate come regolarmente avviene in questo periodo dell'anno. In un confronto anno su anno, però, il confronto è impietoso: a marzo del 2011 il debito pubblico ammontava a 1.868 miliardi di euro, e rispetto al precedente febbraio era diminuito di 7 miliardi di euro. Il confronto è ancor più impietoso rispetto all'ultima rilevazione, quella di dicembre 2011, quando il debito pubblico ammontava a 1.897,946 miliardi di euro. Pil - Il secondo indicatore negativo è il Pil. Da subito è stato chiaro che le manovre dall'impatto recessivo varate da Mario Monti avrebbero avuto ripercussioni negative su consumi e produzione. Alla fine del primo trimestre 2011 l'Istat aveva rivelato una crescita del prodotto interno lordo pari allo 0,1% rispetto al trimestre precedente, mentre su base annua, rispetto al corrispondente trimestre del 2010, la crescita era stata di 1 punto percentualie. Gli ultimi dati disponibili sul Pil italiano sono quelli - disastrosi - diffusi da Ocse e Fondo monetario internazionale. Secondo le stime delle organizzazioni, nel primo trimestre del 2012 il prodotto interno lordo del Belpaese è crollato dello 0,7 per cento, una flessione decisamente più acuta rispetto a quella del precedente trimestre, quando il calo si era attestato allo 0,2 per cento. L'Italia è ufficialmente in recessione tencica, circostanza certificata anche dall'Istat. Per il 2010, inoltre, la Commissione Ue ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita del Pil dello scorso autunno (+0,1%), precipitate a una flessione pari all'1,3 per cento. Peggio di noi soltanto Grecia (-4,4%) e Portogallo (-3,3%). Disoccupazione - Il terzo capitolo riguarda i dati relativi all'occupazione. Le ultime rilevazioni statistiche sono quelle relative a gennaio 2010: il tasso di disoccupazione rilevato dall'Istat si è assestato al 9,2%, in rialzo di 0,2 punti percentuali rispetto a dicembre e di un punto percentuale pieno su base annua. Nel dettaglio si tratta del tasso più alto da gennaio 2004, quando iniziarono le serie storiche mensili. A gennaio in Italia c'erano 2,312 milioni di disoccupati: in termini numerici, il numero di disoccupati è schizzato del 2,8% rispetto a dicembre, pari a 64mila unità (ancor più drammatico il confronto su base annua: 286mila disoccupati in più, per un balzo del 14,1 per cento). Il tasso di disoccupazione giovanile, tra i 15 e i 24 anni, si è attestato al 31,1%, in rialzo di 0,1 punti percentuali rispetto a dicembre 2011. Spread - Il professor Monti è stato spinto a Palazzo Chigi a furor di spread. Il differenziale tra il rendimento dei Btp italiani e gli omologhi Bund tedeschi ha spianato la corsa del professore verso i piani più alti dei palazzi della politica. Nei giorni dell'insediamento dell'ex bocconiamo lo spread veleggiava intorno ai 520 punti base: una lunga rincorsa iniziata alla metà di luglio. Alla metà di marzo 2011, in pieno governo Berlusconi, il differenziale era intorno ai 160 punti base, ben al di sotto dei 290 punti basi attorno ai quali si muove nelle ultime ore. Certo, Monti ha fatto un gran lavoro per ricacciare a livelli sostenibili l'indicatore più osservato negli ultimi mesi, ma fino a prova contraria la guerra allo spread avrebbe pure combatterla qualcun altro.