Il caso

Reddito di cittadinanza, una truffa da 665 milioni: così Inps e Gdf hanno stanato i furbi

Ignazio Stagno

«Andremo in Europa per rilanciare il reddito di cittadinanza». Pasquale Tridico, ex presidente Inps e testa di ponte di Conte a Strasburgo sugli scranni del Parlamento Europeo, ha sempre avuto un chiodo fisso: rimettere sul campo uno dei provvedimenti più scellerati della storia repubblicana. A sconfessare la propaganda del Movimento Cinque Stelle ci ha pensato prima il governo guidato da Giorgia Meloni cancellando il sussidio e ora i recenti scandali che hanno certificato la truffa abnorme del reddito di cittadinanza: almeno 62.000 truffatori hanno sottratto alle casse dello Stato ben 665 milioni di euro.

Un furto in piena regola. E nello stanare i furbetti ha avuto un ruolo importantissimo l’Inps che, collaborando con la Gdf, ha fornito liste di posizioni a rischio che poi si sono rivelate come prestazioni indebite. Come ad esempio un gruppo di romeni arrestati nel 2022 che avevano intascato oltre 20 milioni senza averne alcun diritto. A febbraio 2021, circa un anno prima, era stata l’ex Direzione Antifrode a inviare alle Fiamme gialle una lista di 10.587 richiedenti RdC rumeni la cui presenza in Italia risultava non prima dei 60 giorni per la domanda dell’Rdc. La prova dunque che si trattava di percettori di reddito di cittadinanza senza il requisito principale: la residenza storica. In quella occasione fu la Guardia di Finanza a indirizzare l’Inps a questi controlli, ed è da lì l’istituto iniziò a studiare il sistema degli incroci con i dati in possesso per strutturare i controlli su chi percepiva l’RdC.

 



Ma c’è di più. Inps anche nel marzo del 2023 ha inviato alla Guardia di Finanza più di 3.600 domande di Rdc per cui i richiedenti risultavano solo domiciliati nel nostro Paese. Ma le segnalazioni dell’Istituto alla Gdf sono state anche su base territoriale. Infatti l’Inps ha acceso i fari su flussi anomali di richieste di Rdc che provenivano dallo stesso territorio o addirittura dallo stesso Comune. E questo serrato controllo è stato spalmato sul biennio 2021-2022 con almeno 88 Comuni segnalati alla finanza per una sospetta pioggia di domande per Rdc.
Uno dei casi però che più di ogni altro hanno insospettito le Fiamme gialle e l’Inps riguarda le carte collegate all’Rdc, le prepagate con cui era possibile effettuare i pagamenti previsti con il fondo mensile del sussidio tanto amato dai grillini. Ebbene, come chiesto dalla Gdf, l’istituto ha effettuato accertamenti su oltre 70.000 posizioni che avevano chiesto il reddito ma che non avevano mai ritirato la carta in Poste. Strano no? L’altro tasto dolente riguarda poi il requisito della residenza. C’è chi è riuscito a mettere le mani sull’assegno pur non avendo uno straccio di carta che attestasse la comprovata residenza sul nostro territorio nazionale. E nell’ottobre del 2023 l’Inps ha comunicato alla Gdf i risultati dei controlli su più di 60.000 richiedenti del reddito che verosimilmente erano senza residenza in Italia. Ma gli accertamenti sono stati svolti anche su un altro versante, non certo secondario: quello delle liste contributive. E nel febbraio del 2024 l’Inps ha trasmesso alla Gdf, dopo richiesta da parte degli investigatori, le posizioni dei soggetti richiedenti iscritti nelle aree contributive degli artigiani e commercianti (circa 18.000) e a quelle delle aziende con dipendenti (circa 24.000).

Ma un punto centrale dei controlli ha riguardato anche una specifica categoria di richiedenti: alcuni soggetti che si sono dichiarati monocomponenti nel nucleo familiare con un età anagrafica sotto i 26 anni. Ebbene, su richiesta della Gdf, l’Inps già nel 2021 ha trasmesso ben 34.000 domande di Rdc presentate da questi richiedenti. E le verifiche successive non solo hanno evidenziato rischi legati proprio a questa categoria, ma hanno anche portato l’istituto di previdenza sociale a strutturare controlli ad hoc su questi casi piuttosto a rischio. Insomma, il risultato di questa mole di controlli, verifiche e soprattutto indagini ha portato alla luce decine di migliaia di casi di frode ai danni delle casse dello Stato. Da quando è entrato in vigore il provvedimento che istituiva il reddito di cittadinanza la Guardia di Finanza ha portato a termine 75.910 interventi. E più di 60.000 casi si sono rivelati sospetti. Una vera e propria valanga di furbetti. Controlli che hanno stanato pure percettori di reddito che su TikTok a suon di musica contavano banconote e si burlavano di chi onestamente lavora senza chiedere un centesimo indebitamente alla collettività che paga le tasse. Ma questo a Giuseppi non ditelo.