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Mussolini diventa un caso, la sinistra accusa Libero di nostalgia del duce: non sanno neanche leggere

Tommaso Montesano
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A questo punto il problema è serio. A occhio e croce siamo nel campo delle difficoltà di comprensione del testo. Passi per gli anonimi leoni da tastiera, quelli che si fermano al titolo, all’illustrazione e non approfondiscono. Quelli, per intenderci, che la mattina di San Silvestro, dopo aver visto presumibilmente sui social, dove l’effetto gregge va per la maggiore - la prima pagina di Libero che ha eletto Benito Mussolini «uomo dell’anno» hanno definito coloro che lavorano in questo giornale «ratti di fogna fascisti», concludendo il 2024 con un pensiero in linea con il Giubileo: «Tocca bruciare la sede di Libero». Il tutto con l’aggiunta della riproduzione della copertina del quotidiano capovolta. Per chi non lo sapesse: tra i sostenitori più esagitati del radicalismo di sinistra è un rimando all’immagine dello stesso Mussolini a testa in giù a piazzale Loreto. Una fine, il sottinteso è evidente, cui dovrebbe essere condannato anche il nostro giornale.

Passi, dunque, per il “popolo del web”. Ma come la mettiamo con chi, per professione e interesse, legge e scrive ogni giorno? Ovvero scrittori, giornalisti, commentatori, opinionisti televisivi e attori-influencer progressisti? Qui il discorso cambia: o, appunto, siamo in presenza di un deficit cognitivo, oppure il solo faccione del Duce scatena una tale tempesta sensoriale da far scattare un riflesso pavloviano che porta a gridare al ritorno della dittatura a prescindere. Proprio quello che la prima pagina di Libero intendeva denunciare due giorni fa: è Mussolini l’uomo dell’anno perché è a sinistra, e non a destra, che agitano il fantasma del Duce ogni volta che possono. Rileggiamo il catenaccio della “prima”: il Duce è l’uomo del 2024 perché «80 anni dopo la caduta del fascismo è ancora l’ossessione della sinistra». Come questo concetto sia passato per apologia di fascismo è un problema sanitario.
Eppure è ciò che è successo.

 

Un caso di scuola è quello di Alan Friedman, il giornalista ed editorialista noto per essersi cimentato, con scarsi risultati, con Ballando con le stelle. Alan è ricorso addirittura a un tweet in inglese per urlare tutto il suo disgusto urbi et orbi per la copertina del 31 dicembre: «Grottesco e disgustoso: Libero, un giornale di propaganda italiano di destra, curato dall’ex portavoce del primo ministro Meloni, ha oggi nominato il dittatore fascista Benito Mussolini come Uomo dell’anno». Friedman, bisogna ammetterlo, un paio di scusanti ce l’ha: non si è ancora ripreso dal trionfo di Donald Trump alle Presidenziali Usa- Alan, quando Joe Biden cedette il passo a Kamala Harris non esitò a definire il tycoon «spacciato» - e non ha ancora assorbito il mancato successo nella gara di ballo. Ma gli altri? Ieri pomeriggio Rula Jebreal - pure lei in inglese - ha denunciato la nomina del «defunto dittatore genocida italiano Mussolini» a uomo chiave del 2024. E ci ha buttato dentro pure la Palestina, visto che il «caporedattore pro-Mussolini» è Mario Sechi (che di Libero è il direttore responsabile), «noto per aver giustificato la guerra genocida di Israele».

Un fritto misto pieno di errori. E cosa ha spinto l’ex parlamentare Bobo Craxi ad accusare Libero nientemeno che di «apologia di fascismo»? «La ricostruzione del partito Fascista nell’ordinamento giuridico italiano, è un reato previsto dall’art. 4 della legge Scelba attuativa della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione», ha scritto, serissimo, il figlio di Bettino sopra la foto del titolo di Libero. In pratica Bobo, proprio lui, ha aizzato i magistrati ad agire nei confronti di questo giornale in nome dell’hashtag #melonismo. Chi, invece, a parole ha capito il senso della scelta del 31 dicembre, ma non ha comunque tenuto a freno il pregiudizio ideologico, è Luca Bottura. Titolare di una rubrica sulla Stampa, già conduttore radiofonico Rai, un tempo noto per la sua propensione per la satira, Bottura ha scritto un tweet cavernicolo taggando direttamente il direttore di Libero: «Ciao @masechi, ho visto la tua puerile provocazione di oggi e voglio cascarci con tutte le scarpe: ma vedi di andartene affanculo. Buon anno». Quando si dice il bon ton dei pensatori à la page. Paolo Berizzi di Repubblica, invece, è stato probabilmente colto da un disturbo visivo.

Quel faccione militaresco del Duce deve averlo - intellettivamente parlando - accecato al punto da impedirgli di leggere le motivazioni della scelta di Mussolini. «Esaltano il peggior criminale della storia d’Italia e riabilitano il fondatore di Ordine Nuovo. Ormai non c’è più nemmeno bisogno di stanarli: avanzano tronfi al passo dell’oca. Per compiacere al capo, come si fa chiamare Lei». Berizzi mette insieme le mele con le pere: la rabbia per un’analisi storica, uscita su questo giornale, della figura di Pino Rauti, storico esponente del Msi (il giornalista di Repubblica aveva gridato allo scandalo per i manifestini che, come ogni anno, avevano semplicemente ricordato l’ex segretario missino), con la prima pagina su Mussolini.

Mescolato il tutto, ecco la conclusione: per compiacere il «capo» (Meloni?), a Libero marciamo tutti al ritmo del passo dell’oca. Altro che apologia: siamo direttamente nel nuovo Ventennio nero. Del resto per Gad Lerner Libero è il nuovo Popolo d’Italia: «Questa è la fantasia dei giornalisti di regime. Gian Mario Chiocci (il nome è pure sbagliato, ndr) insignì Mussolini del titolo di uomo dell’anno nel 2017 (allora sul Tempo). Anche così s’è guadagnato la guida del Tg1. Oggi lo ricopia diligentemente Mario Sechi su Libero. Chissà a quale gloria imperitura pure lui aspiri». Almeno l’attore Luca Bizzarri, pur non capendo pure lui un tubo della scelta sul Duce, ha scelto la strada dell’ironia quando su X- ma dopo la vittoria di Trump non dovevano lasciare tutti il social di Elon Musk?- si è concentrato sull’aspetto marginale della gestazione della graduatoria: «La cosa che mi fa più ridere di Mussolini uomo dell’anno è “Ne abbiamo discusso un mese”. Che bello non avere un cazzo da fare».

 

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