Quale futuro

Stellantis, chi spunta per la successione a Tavares (e le voci sulla maxi-fusione)

Sandro Iacometti

Meglio tardi che mai, verrebbe da dire. Dopo mesi e mesi di annunci farlocchi, di promesse tradite, di passi falsi, di strategie nebulose e incerte, seppur declamate con una robusta dose di sicumera, e, soprattutto, di clamorosi fallimenti sul campo, con produzione e vendite a picco, la stagione di Carlos Tavares in Stellantis si è finalmente chiusa.

La versione ufficiale è che il manager ha presentato le sue dimissioni, con un annetto di anticipo rispetto alla scadenza del mandato, e che il cda le ha prontamente accettate (fors’anche stappando un prosecco). La versione ufficiosa è che John Elkann, va detto con un mostruoso ritardo rispetto ai risultati prodotti (e ai casini provocati, anche sul piano istituzionale) negli ultimi anni, gli ha indicato la strada della porta. Resta da capire quanto il gruppo franco-italiano dell’auto dovrà sborsare per liberarsi anzitempo del pilota portoghese (a 66 anni ama ancora sgommare nelle gare di rally). «Siamo curiosi di sapere quanto prenderà Tavares come “premio” economico dopo la sua disastrosa gestione», si chiede la Lega. La risposta sarà nota a breve. Ma probabilmente non piacerà a nessuno, considerato che nel 2023 il manager si è messo in tasca oltre 23 milioni di euro. Uno degli stipendi più alti al mondo nel settore dell’automotive portato a casa da uno dei capi che, obiettivamente, nell’ultimo anno, ha fatto peggio di tutti, riuscendo regolarmente a battere in negativo i risultati deludenti dei suoi omologhi alle prese con una crisi dell’automotive non facile da gestire per nessuno. Solo per dirne una, a ottobre il mercato europeo ha registrato uno striminzito più 0,1% delle vendite, Stellantis è precipitata del 16,7%.

 

La realtà è che il gruppo, alle prese con un crollo delle immatricolazioni e della produzione, una prospettiva di desertificazione degli impianti nei Paesi di origine, una strategia di delocalizzazione selvaggia, una gestione complicatissima dei rapporti con i governi che alla fine dei conti sono quelli che sborsano i soldi nei momenti difficili, uno scollamento rispetto alle altre imprese (Tavares è rimasto l’unico ad invocare il green deal dell’auto), stava cercando già da un po’ il sostituto.

«Il processo per la nomina di un nuovo ceo è già in corso, gestito da un Comitato Speciale del Consiglio, e si concluderà entro la prima metà del 2025», confermano dal gruppo. Con il Senior Independent Director di Stellantis, Henri de Castries, che ammette «vedute differenti» tra Tavares e il cda. Difficile sapere se il nome sia già a portata di mano. I riflettori, inutile dirlo, sono tutti puntati su Luca de Meo, l’allievo di Sergio Marchionne che è riuscito non solo a rimettere in pista una Renault a rischio sbandata, ma anche a sfornare utili mentre tutti in Europa (e anche nel mondo, tranne la Tesla) continuano a presentare conti col segno meno davanti.

Alla nomina di de Meo, che a differenza di Tavares non si è gettato a capofitto sull’elettrico e anzi capeggia la rivolta contro i diktat Ue, sono legati scenari anche più ampi. Quelli relativi ad una fusione tra Stellantis e Renault che da una parte renderebbe la trazione francese ancora più forte, ma dall’altra potrebbe garantire una dimensione aziendale in grado di competere con i colossi mondiali, fornendo allo stesso tempo garanzie, la scuola Marchionne non si dimentica, sull’importanza di non dissipare il valore dei brand italiani.

 

La sensazione, comunque, è che a darsi una svegliata, dopo il lungo periodo di letargo, sia stato proprio il presidente John Elkann. «Intendo mettermi subito al lavoro con il nostro nuovo comitato esecutivo ad interim, con il supporto di tutti i nostri colleghi di Stellantis», ha detto il nipote di Gianni Agnelli, ritrovando in zona Cesarini un po’ del piglio dell’Avvocato. Una mossa forse obbligata, visto il deterioramento dei rapporti col governo e le beghe giudiziarie, a cui ora il rampollo della dinastia dovrà dare seguito. La politica e i sindacati ora lo aspettano al varco. La prima, da sinistra a destra, lo vuole subito in Parlamento. I secondi chiedono immediata discontinuità e garanzie occupazionali. Chiunque arriverà al timone di Stellantis, Elkann non potrà più restare dietro le quinte.