I soliti

Più tasse per tutti: la Cgil si prepara allo sciopero

Sandro Iacometti

Il copione è sempre lo stesso dal 2021 e il finale non riserva sorprese: un bello sciopero generale contro la manovra. Ma ogni anno la trama cambia leggermente, anche per tentare di salvare la faccia. La prima volta l’obiettivo era il taglio del cuneo fiscale, ma quello di Mario Draghi fu giudicato troppo timido. La sforbiciata è raddoppiata nei due anni successivi, tuttavia i sindacati puntarono il dito sul fatto che non fosse strutturale. Ora la riduzione degli oneri contributivi per i redditi medio bassi è diventata strutturale, con l’aggiunta di un allargamento della platea fino a 40mila euro di reddito. Ma, indovinate un po’?, ancora non va bene, perché l’operazione, sostiene il sindacato, è stata pagata con l’aumento dell’Irpef di lavoratori e pensionati. Il che è una plateale bugia (l’incremento del gettito è dovuto principalmente alla crescita dell’occupazione e agli aumenti salariali dei rinnovi contrattuali), ma fa niente. L’importante è dire che la legge di bilancio è uno schifo, «ci condanna a 7 anni di austerità», «è la fiera dei tagli», «aumenta solo la spesa militare», e non si occupa «della questione salariale».

Gli slogan di Landini ieri ripetuti nel corso della prima giornata di audizioni parlamentari sulla manovra dal segretario confederale Christian Ferrari per preparare il terreno all’incontro che ci sarà oggi a Palazzo Chigi tra il governo e le parti sociali. Accanto alle critiche, però, c’è anche la proposta, quella, in sostanza, per cui la Cgil, con il sostegno della Uil, anch’essa ieri fortemente critica sulla finanziaria, scenderà in piazza contro l’esecutivo. Landini & C. sanno benissimo dove trovare i quattrini che Giancarlo Giorgetti non è riuscito a trovare: «Si potevano e si possono recuperare molte risorse da profitti, extraprofitti, rendite, grandi patrimoni». Insomma, per evitare i tagli alla spesa (peraltro imposti dal nuovo patto di stabilità) il ministro dell’Economia doveva mettere sul piatto una bella stangata per famiglie e imprese. Il modo migliore per mettere in fuga i capitali, far scappare gli investitori e deprimere il risparmio, che è già tartassato e di cui solo qualche giorno fa Sergio Mattarella ricordava il valore costituzionale.

 


Più calibrate e, inutile dirlo, meno ideologiche le posizioni della Cisl, che considera la manovra «migliorabile» su molti aspetti ma comunque in grado di rispondere a «diverse urgenze dei lavoratori», e di Confindustria, che ha puntato il dito soprattutto sulla necessità di stimolare maggiormente la crescita. Dopo aver premesso che l’attenzione sui conti pubblici «è un grande valore da preservare», il dg di Viale dell’Astronomia, Maurizio Tarquini, ha però sottolineato che nella manovra «manca il sostegno agli investimenti e alle imprese che li realizzano». Di qui la richiesta di «una misura coraggiosa», che «lavori su un Ires premiale» per chi spinge sulla crescita della propria azienda. Tra le altre richieste, l’eliminazione del controllo del Mef sulle società che ricevono finanziamenti pubblici, il ripristino di parte del fondo per l’automotive non finalizzato agli incentivi sugli acquisiti ma per sostenere le imprese della componentistica, e una maggiore attenzione alla riforma delle tax expenditures che rischia di penalizzare troppo il ceto medio. Spunti che Giorgetti dovrà valutare tenendo conto che a Bruxelles sono coi fucili puntati. Secondo quanto trapelato dall’Eurogruppo di ieri la Commissione guarda con attenzione al confronto parlamentare, nel timore che gli impegni presi nel Documento programmatico di bilancio possano essere disattesi.