Strategie
Chiesi Farmaceutici, il ceo Accogli: "Puntiamo sull’innovazione, ma servono regole chiare"
Con oltre 3 miliardi fatturati nel 2023, 6000 dipendenti e una presenza in oltre 30 paesi, Chiesi Farmaceutici è la tra le piu grandi aziende italiane del settore. Da aprile dello scorso anno, la società è guidata da Giuseppe Accogli, 25 anni di esperienza internazionale nel med-tech, cioè il settore degli strumenti medicali, e delle soluzioni digitali e di bio-ingegneria applicate alle cure mediche. Già leader di Baxter e Medtronic, Accogli è un manager visionario e dalle idee chiare: continuare a crescere nella medicina di qualità e investire in innovazione e sostenibilità.
Dopo l’esperienza negli Usa, a 1 anno e mezzo dal suo ingresso in Chiesi, quali sono gli obiettivi su cui sta lavorando?
«Vengo da un'azienda americana di dimensioni globali e sono passato ad una italiana con un’altrettanto fortissima vocazione internazionale, ma il fattore comune non cambia: l’attenzione a tutto tondo alle persone che aiutiamo nel percorso di cura. Le aziende del pharma vivono per chi necessita di terapie, ma noi disegniamo per le malattie rare anche un approccio specifico per ognuno di loro, con prodotti e servizi ad hoc. E vorremmo essere soprattutto innovativi. Siamo l’azienda del farmaceutico italiano che investe di più in assoluto. Nel 2024 spenderemo il 24% delle entrate in innovazione e ricerca e sviluppo. Abbiamo un gruppo di ricerca dedicato di 1000 persone prevalentemente a Parma e in altri 7 centri nel mondo. Il percorso della ricerca passerà anche da collaborazioni esterne. Abbiamo creato un gruppo, Impulse, che è un centro d’innovazione aperta alle start up. Negli ultimi 18 mesi abbiamo portato a termine 4 collaborazioni su terapie prive di soluzioni terapeutiche».
Quanto frena la frammentazione normativa?
«Si tratta di un problema importante e globale. In Italia abbiamo norme diverse in ogni regione e questo ha conseguenze negative su due aspetti: il ritardo all'accesso alla terapia del paziente, e la capacità di produrre innovazione».
La farmaceutica europea sta perdendo terreno su USA e Cina. Quali strategie ha deciso di mettere in campo per contenere questa tendenza?
«È vero che la farmaceutica del vecchio continente perde competitività ma è vero anche che Chiesi sta andando nella direzione opposta. Tanto che abbiamo inaugurato di recente a Parma un nuovo centro di biotecnologie, investendo oltre 400 milioni di euro. Cuore e testa della nostra azienda sono in Italia, siamo orgogliosi di essere italiani e stiamo contribuendo a attirare qui le migliori competenze. Continueremo a investire in innovazione, in Italia ma anche in Europa».
In questo quadro sono necessarie politiche più favorevoli per il settore?
«Chiesi fa parte di Farmindustria e coordina il gruppo delle Fab13, cioè le 13 Industrie farmaceutiche medio-grandi. Sono aziende che rappresentano tanto per l’Italia in termini di PIL. Chiesi punta a raddoppiare nei prossimi 6 anni il numero di pazienti trattati, passando da una stima di 15 a 30 milioni. Per questo avremo bisogno di regole chiare, certe e stabili, e di superare il modello del payback e che sia adeguato il fondo sanitario nazionale ai bisogni reali dei cittadini. La pandemia da Covid-19 ci ha evidenziato quanto sia importante avere e tutelare il tessuto industriale italiano».