La modernità non corre

Eco-transizione, vi racconto la mia odissea con l'auto elettrica

Gianluigi Paragone

Nessun pregiudizio, anzi confermo il mio giudizio dopo la recente esperienza di cui ho lasciato traccia sui social. La macchina elettrica non può essere imposta e, per quel che mi riguarda, non è una scelta felice. A dirla tutta, nel video - realizzato a caldo - utilizzo ben altre espressioni che confermo tutte.

Vi racconto. L’altro giorno arrivo alla stazione di Milano da Pisa dove avevo presentato il mio libro Maledetta Europa (a proposito di macchina elettrica...) pronto per una immediata replica in quel di Alessandria, la sera. Come se non bastasse la doppietta Pisa-Milano-Alessandria devo pure fare un salto a Varese. Esco dalla stazione e prendo il car sharing: costa un po’ di più ma non devo preoccuparmi di pagare le tasse cittadine di ingresso in città e nemmeno mi devo preoccupare dei parcheggi blu, gialli, gialli eccetera eccetera. La vettura più vicina con più benzina è una elettrica, oltre il 70 per cento. Supero la mia diffidenza, mi faccio convincere da Roberto Giacobbo e dalla sua narrazione veritiera sull’elettrico contro le bufale che circolano in rete rispetto alla durata della batteria e sui tempi di ricarica. Daje, Robbé: ti do fiducia. Provo ’sta benedetta elettrica. Scelgo la formula del noleggio per sei ore, aggiungo la protezione plus come faccio sempre e via, nella modernità. Anzi, nella transizione ecologica.

Dalla Centrale mi dirigo verso l’autostrada. Sono le 13 e qualcosa; fa caldo e tengo l’aria condizionata. La batteria della macchina vedo che da 72 in un batter d’occhio è già, all’ingresso dell’autostrada, a 62 per cento e i chilometri disponibili scendono in una proporzione che non rispecchia le prestazioni del motore termico. Scemo io a pensare che il 72 per cento di batteria coincidesse con il 72 per cento del serbatoio; ma questo non te lo raccontano. Arrivo a Varese, l’angoscia mi assale perché capisco che la mia fretta non è compatibile con il mood lento dell’ecosostenibile: a Milano non torno se non ricarico la vettura. Ma chi lo ha mai fatto? Come si fa? Come si paga?

 

 

 

GUAI ALLA COLONNINA

Non potendo chiamare Giacobbo, telefono al numero del car sharing. Mi spiegano- gentilissimi- dove trovo la card da appoggiare alla colonnina e del funzionamento dei cavi. Ho il tempo contato, devo tornare a Milano per poi andare ad Alessandria per la presentazione del mio libro. Alla pompa di benzina ci avrei messo un attimo a fare 15 euro. Ma la modernità non può essere mica fermata per le nostre vecchie abitudini! Ho fretta? Pazienza, keep calm. «Pronto? Signori del car sharing? Sono davanti alla colonnina convenzionata; qui non va niente...».

Dopo qualche minuto conveniamo che la colonnina è fuori uso! Un signore me lo conferma: sono out da almeno due settimane. Non male; già le colonnine libere sono poche e non le sistemano in tempi rapidi. Io ho sempre più fretta, mi innervosisco maso per certo che a Milano non arrivo. Devo caricare. Cerco un’altra colonnina, di un altro gestore convenzionato. Non è come quella di prima. Mi riattacco al centralino chiedendo di essere guidato nell’operazione. Attacco i cavi, finalmente la luce è blu. Evviva.

 

 

 

AL SERVIZIO DELLA MACCHINA

Cosaaaa? Per la piena ricarica ci vogliono quattro ore; per averne quel po’ in più al fine di raggiungere Milano, 40 minuti circa. Com’è che eravamo noi “negazionisti”, noi “retrogradi”, a diffondere fake news? Non tutte le colonnine hanno la ricarica veloce e non tutte le fast sono disponibili. Il tempo di ricarica medio va ben oltre il tempo di un caffè. Morale? Con la transizione l’uomo è al servizio della macchina e non viceversa. Le vetture elettriche? Tenetevele, senza offesa e senza pregiudizio. Ps. Ad Alessandria sono arrivato in ritardo e ringrazio ancora il numeroso pubblico paziente e comprensivo.