Riforma già fallita
Nuovo patto di stabilità: vecchi trucchi e belletti. Così l'Europa affonda
L’altro giorno in televisione mi avevano domandato cosa ne pensassi del voto dei parlamentari italiani in Europa rispetto al nuovo patto di stabilità: «Lo avranno finalmente letto tutto», ho risposto scherzando. Ma non troppo. La riforma del patto di Stabilità è un punto di caduta tutt’altro che vantaggioso, si rischia infatti di cadere dalla padella alla brace in cambio di un po’ di morfina che viene concessa prima dei dolori che arriveranno pesanti dal 2027. Vale la pena ricordare che alla questione della rinegoziazione ci eravamo arrivati perché l’Europa era stata segnata da due “cigni neri”, il Covid e la guerra. Con le conseguenze che purtroppo ben conosciamo.
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Al fine di evitare la catastrofe la Bce cominciò un importante piano di acquisto di titoli di Stato di paesi in grande difficoltà, Italia in testa, e la Commissione europea autorizzò il congelamento del vecchio patto. In poche parole, si poteva fare quel che normalmente fanno gli Stati sovrani: affrontare le emergenze con più spesa pubblica. Ora - dicono - quel periodo eccezionale è terminato e occorre tornare alle regole. Nuove, perché l’abito precedente ormai è fuori misura. Contro l’Italia pesano i soliti vecchi preconcetti: noi non saremmo affidabili quando si parla di rigore finanziario. Tant’è che l’altro giorno, dopo il voto degli eurodeputati sia di maggioranza che di opposizione, il paesi del nord ci hanno puntato l’indice contro.
La prima osservazione che mi viene da fare (ma pecca di impeto provocatorio, lo ammetto) è: se non ci volete evi stiamo così antipatici perché ci trattenete? La seconda osservazione, invece, non ha nulla di provocatorio ma incide nel “maleficio” dell’Unione europea: l’assenza di politica e la prevalenza di criteri contabili, finanziari. La riforma del patto ha tutti i limiti di questa visione; è il rinnovo di una matrice profondamente sbagliata in un momento dove la politica torna alla sua prova più identitaria, più ontologica: dimostrare di avere una visione geopolitica. L’Unione europea sta fallendo ancora una volta perché ricommette gli stessi errori del primo patto: obbligare l’eurozona al guinzaglio corto dei parametri. Non ha senso consentire quel minimo di gioco nel breve periodo costringendo dal prossimo anno a impostare le manovre finanziarie (uso un termine vintage) sui nuovi e più angusti binari.
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La Germania è dentro una crisi profonda: se vuole ancora giocare da dominus nella Ue deve risolvere il dilemma che la loro Corte Costituzionale ha posto in rilievo sulla regola del “freno al debito”. Abbia il coraggio di capire che le sue vecchie convinzioni (usate come inchiostro per scrivere i Trattati Ue) non funzionano più in un mercato globale così aggressivo. Il nuovo patto di Stabilità non è un punto di caduta né un punto di mediazione, è il peggioramento dello stesso errore politico: parametri germanici come sistema metrico di economie differenti. Così non funziona. Ripeto, il governo italiano e la sua maggioranza hanno l’occasione di fare da capofila per una rivoluzione copernicana dell’Europa, tanto più se si pensa al rafforzamento delle spese militari in funzione dell’esercito europeo (su questo ho già espresso i miei dubbi). A fine anno il parlamento ha bocciato la ratifica del Mes, ora il governo in sede di Consiglio europeo rinnovi l’astensione già espressa a Strasburgo dai deputati italiani di tutte le parti politiche, sebbene per motivi differenti. Gli anni che ci aspettano costituiscono un banco di prova per valutare la maturità e la visione delle classi dirigenti. Pensare di sopravvivere come chiede il nuovo patto prima di tornare alla peggiore austerity e al più opprimente rigore di bilancio è mortale. Soprattutto per gli italiani.