La stima

Pnrr, il dato nelle carte riservate: 140 miliardi di debito in più

Michele Zaccardi

La scommessa è che possa rilanciare la storicamente asfittica crescita dell’economia italiana. La certezza, invece, è che aumenterà il già pesante fardello del debito pubblico di quasi 140 miliardi di euro da qui al 2026. Che il Pnrr non fosse un “pasto gratis”, d’altra parte, si sapeva. L’Italia, infatti, è l’unico Paese europeo ad aver chiesto tutta la parte di prestiti a disposizione, 122,6 miliardi. Ma l’impatto sui conti pubblici nel periodo 2023-2026 sarà ancora maggiore: per la precisione 139,8 miliardi. A fare i conti sono i tecnici di Camera e Senato in un documento, anticipato da Milano Finanza, che accompagna la terza relazione sull’attuazione del Piano, presentata a fine giugno dal ministro per gli Affari europei, Raffaele Fitto.

 

 

 

EFFETTO PEGGIORATIVO

Per capire in che misura il Pnrr possa produrre effetti peggiorativi sul debito bisogna fare un passo indietro. Dei 191,5 miliardi chiesti dall’Italia, 122,6 sono, come detto, prestiti. Il resto, 68,9 miliardi, invece, sono sovvenzioni a fondo perduto, il cui effetto è quello di ridurre il deficit. Mentre finora gli assegni staccati da Bruxelles contenevano una parte preponderante rappresentata da sussidi, da quest’anno non sarà più così.

La terza rata, relativa a dicembre 2022 ma ancora congelata, è composta da 10 miliardi di sovvenzioni e 9 miliardi di prestiti. Nella quarta, oggetto del negoziato tutt’ora in corso con la Commissione Ue, i prestiti pesano invece 14,1 miliardi mentre la parte a fondo perduto appena 1,9 miliardi. Se il governo riuscisse a ottenere queste risorse entro dicembre, scongiurando lo slittamento al 2024, nel complesso quest’anno la quota di prestiti sarebbe pari a 23,1 miliardi su 35 miliardi totali. Insomma, l’equilibrio tra le due componenti salterebbe, aumentando il debito. Il Pnrr incide sul passivo per 122,6 miliardi (la parte presa a prestito appunto). Tuttavia, nel primo triennio di attuazione (2020-2022), il Piano ha determinato un miglioramento sul fabbisogno dello Stato di 17,2 miliardi. Cifra che è data dalla differenza tra le entrate derivanti dai sussidi (29 miliardi) e le spese per cassa (11,7 miliardi).

 

 

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Nel documento si ricorda che restano da erogare 179,8 miliardi fino al 2026, mentre si incasseranno dalle sovvenzioni soltanto 39,9 miliardi. Il totale fa appunto 139,8 miliardi. Per valutare in modo più puntuale quanto inciderà il Pnrr sui nostri conti, i tecnici del Parlamento calcolano anche l’effetto sul debito dei nuovi progetti che, senza i fondi comunitari, non si sarebbero realizzati. Nel Piano, infatti, sono stati trasferiti una serie di interventi già previsti prima della sua istituzione e finanziati con fondi nazionali, dal valore di circa 51,4 miliardi. Ebbene, ” il maggior debito generato dai “progetti nuovi” per il periodo 2023-2026 è pari a 81,8 miliardi di euro. Il dossier parlamentare, poi, precisa che i profili di finanza pubblica del Pnrr potrebbero cambiare in seguito alla revisione del Piano che il ministro Fitto sta portando avanti con Bruxelles. Ulteriori risorse a fondo perduto (2,7 miliardi) arriveranno dal RepowerEu, il programma per troncare la dipendenza energetica dalla Russia. Il governo punta poi a ottenere una quota dei prestiti, non ancora richiesti dagli altri Stati membri, del Pnrr europeo. Il suggerimento dei tecnici è quello di utilizzare queste risorse per finanziare interventi già previsti e non nuovi progetti, in modo da evitare un ulteriore incremento del debito.