Credito

Bce, lo schiaffo del vicepresidente a Lagarde: ecco cosa cambia

Sandro Iacometti

Per carità. Di riconoscere le proprie responsabilità sul contagio del terremoto bancario in Europa e in particolare sugli istituti tedeschi, zeppe di titoli tossici e in gran parte sottratte agli occhiuti controlli della vigilanza, che ogni giorno mettono becco negli affari di casa nostra strigliando pure chi si permette di dare troppi dividendi agli azionisti, non se ne parla. 

Così come è esclusa qualsiasi anticipazione delle prossime mosse di politica monetaria, nel nome del principio ormai consolidato che si decide “riunione per riunione”, tanto per lasciare i mercati nell’incertezza più totale. Epperò l’intervista rilasciata al Business Post dal vicepresidente della Bce Luis de Guindos (e pubblicata anche sul sito della Banca centrale, per dare il sigillo dell’ufficialità della posizione) un cambio di passo lo segna. De Guindos non è, con tutto il rispetto, un Fabio Panetta o un Ignazio Visco qualsiasi, che da mesi invitano a gran voce Francoforte ad una maggiore prudenza sui tassi, senza però ottenere il benché minimo ascolto. 

 

NUMERO DUE
Qui a parlare è il numero due dell’Eurotower, il braccio destro di Christine Lagarde, che di fronte al caos scatenato dalle banche Usa e da Credit Suisse, che la scorsa settimana si è abbattutto anche su Deutsche Bank, sembra finalmente prendere atto che lo scenario è cambiato. E che la «elevata incertezza»impone alla Bce di andare da ora in poi con i piedi di piombo, senza continuare ad alzare i tassi a raffica pensando che l’unico nemico all’orizzonte sial’inflazione. Il timore paventato da de Guindos ora è quello di un nuovo credit crunch, di una chiusura dei rubinetti dei presiti da parte delle banche che non può certo coesistere con ulteriori strette del costo del denaro. 

«La domanda ora», dice il vicecapo della Bce, «è in che modo gli eventi nel sistema bancario Usa e Credit Suisse avranno impatto sull'economia dell’Eurozona. Nelle prossime settimane e mesi dobbiamo valutare se daranno luogo ad un ulteriore inasprimento delle condizioni di finanziamento. E forse questo si ripercuoterà sull’economia in termini di minore crescita e inflazione». Se così sarà, com’è assai probabile, cosa farà la Bce? Qui de Guindos, ovviamente, rientra in zona Sibilla Cumana. Nessuna indicazione precisa, sia mai. Solo la conferma che resta l'obiettivo di un «tempestivo ritorno all'inflazione al 2%. Sappiamo che non può essere domani,ma deve essere ne lnostro orizzonte di previsioni, che è un periodo di due anni». Mantra a cui il banchiere centrale affianca l’abbastanza ovvia considerazione, che «il periodo dei tassi di interesse negativi è finito, almeno nel medio periodo». Come se qualcuno dallo scorso luglio non se ne fosse accorto e si aspettasse a breve una retromarcia di Francoforte sul costo del denaro. 

 

INFLAZIONE
Pur pesando le parole col bilancino e premettendo che la Bce deciderà «riunione per riunione, senza impegnarsi preventivamente in nessuna azione», de Guindos ammette comunque che ora «c’è un elemento aggiuntivo di incertezza». E questo, se le parole hanno un significato, vuol dire che la prudenza entrerà finalmente nella cassetta degli attrezzi della Banca centrale. Determinante, per le prossime mosse, sarà non solo l’andamento dei mercati finanziari, ma anche quello dell’inflazione. La pubblicazione del dato aggiornato del caro vita europeo è previsto per venerdì. 

L'attesa è per una frenata al 7,1%, dal precedente 8,5%, grazie soprattutto alla riduzione dei prezzi energetici, mentre la componente “core” è attesa in leggero rialzo, al livello record del 5,7%, dal 5,6% di gennaio. Sele previsioni saranno confermate, il rischio che la Bce se ne fregherà della possibile stretta creditizia e proseguirà per la sua strad ac’è. In barba ai moniti dell’Fmi, che ieri parlando di «incertezze eccezionalmente alte per la stabilità finanziaria» ha spiegato che i tassi alti «generano stress e vulnerabilità».