La Banca centrale europea
Bce, tutti stufi: pure l'alter ego di Draghi molla la Lagarde
Avete presente il Mes? Il terribile fondo salva Stati che evoca la troika e che l'Italia è l'unico Paese europeo a non aver ratificato per paura che si trasformi in una trappola? Ebbene, per Francesco Giavazzi piuttosto che lasciare circa il 25% del nostro debito pubblico in mano alla Banca centrale europea sarebbe meglio che fosse proprio il Mes a tenersi in pancia i Btp. Non si tratta di una frase sfuggita dalla bocca, di una risposta rubata durante un'intervista. Il professore bocconiano, che durante tutto il governo Draghi è stato l'ombra onnipresente del premier con voce in capitolo su ogni questione di rilevanza economica, ha espresso la sua tesi in un editoriale comparso ieri sulla prima pagina del Corriere della Sera.
Una roba meditata e pensata, insomma, non buttata lì come fosse un appunto scarabocchiato. Il ragionamento di Giavazzi ruota intorno alla possibilità di trasformare il Mes (su cui anche Draghi, seppure per questioni politiche, si guardò bene dal dare il via libera) da minaccia in opportunità. Il consiglio dell'economista è che piuttosto che giocare in difesa, ostinandosi a contrastare l'avvio del nuovo Mes su cui tutta la Ue ha già trovato l'accordo, l'Italia dovrebbe sfruttare la ratifica (tema che sarà oggi sul tavolo dell'Eurogruppo) «per inserire nella discussione europea un tema che aiuterebbe sia la Bce, sia le nuove regole fiscali».
AGENZIA DEL DEBITO - L'idea è quella di trasformare il fondo, che può fare debito comune per aiutare i Paesi in difficolta, «in un'agenzia del debito», consentendo alla Banca centrale di vendergli i titoli di Stato che ha acquistato in questi anni. Il professore, ovviamente, la butta sul tecnico, sostenendo che tale operazione porterebbe alla Bce due vantaggi: potersi liberare di Btp, Bund e altre obbligazioni sovrane e usare debito comune per le sue operazioni monetarie. Il che le darebbe la possibilità di muoversi senza la preoccupazione di stabilizzare i mercati nazionali dei titoli di Stato, esattamente come fa la Fed. Una prospettiva che oltretutto incontrerebbe anche il favore di Christine Lagarde, che nel marzo del 2020, a pandemia appena esplosa, se ne uscì dicendo «non siamo qui per ridurre gli spread». Frase che provocò il più violento crollo (-16,9%) mai visto nella storia di Piazza Affari.
Ora, Giavazzi, fino a poco fa consigliere del più autorevole ex capo della Bce nonché grande sostenitore del ruolo e dell'indipendenza dell'istituzione finanziaria europea, non si azzarda naturalmente ascrivere una virgola contro madame Lagarde, che di Draghi ha raccolto il testimone. E sicuramente non sottoscriverebbe mai alcuna interpretazione in questo senso del suo articolo. Resta il fatto, però, che il risultato della sua proposta sarebbe proprio quello di togliere al numero uno dell'Eurotower il controllo sul nostro debito pubblico, lasciando che siano altri organismi, più politici come il Mes, guidato da un consiglio composto dai ministri dell'Economia dell'eurozona, ad occuparsene. Cosa centra questo con la sfiducia nella Lagarde? Beh, il famoso "bazooka" con cui Draghi nel 2012 lanciò il whatever it takes si chiama Omt (Outright Monetary Transactions) e può essere attivato solo all'interno di un programma del Mes. In altre parole, quando c'era Super Mario la Bce manteneva la gestione degli acquisti e del conseguente possesso di titoli pubblici, malgrado il collegamento a doppio filo con il fondo salva Stati. Perché ora il draghiano Giavazzi consiglia di lasciare tutto in mano al Mes?
Accanto alle critiche sibilline del bocconiano, ieri contro la Lagarde sono arrivate di nuovo quelle plateali di Antonio Patuelli, che nella terza intervista (dopo Sole ed Avvenire è arrivato il turno della Stampa) nel giro di un pugno di giorni torna a lanciare l'allarme sulle conseguenze di un furore rialzista sul costo del denaro. «Un conto», ha detto il presidente dell'Associazione bancaria italiana, «era uscire dalla politica dei tassi zero e sottozero. Ma ulteriori plurimi aumenti sarebbero problematici per l'economia e i suoi equilibri». La recessione, secondo Patuelli, «si può e si deve evitare, sostenendo lo sviluppo, ponderando molto bene le politiche monetarie e dosando queste ultime con molta attenzione». Di qui il suggerimento alla Lagarde, che si prepara il 2 febbraio ad aumentare di nuovo i tassi, «di confrontare le previsioni con i dati reali».